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Governo, Capezzone inchioda i profeti di sventura: svelato il trappolone sullo spread

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Daniele Capezzone, direttore editoriale di Libero, ha dedicato un articolo alla situazione dello spread in crescita dopo le scelte sulla manovra attuate dal governo Meloni. Sull’edizione del 30 settembre del quotidiano il giornalista usa toni fermi e smaschera i piani anti-centrodestra: “La tarantella è già ricominciata, è stato sufficiente un rialzo di qualche punto, nei giorni scorsi, per far tornare in campo i mistici dello spread, i sacerdoti del rischio-Italia, i demiurghi pronti a invocare ‘soluzioni’ tecniche (cioè commissariali). Diciamolo subito, queste prediche (e queste prefiche) vanno respinte, sono irricevibili e impresentabili”.

 

 

“I pericoli – sottolinea Capezzone - sono più nei desideri di chi li racconta che non nella realtà, lo spread è molto più basso rispetto alle punte (circa 250) che si raggiunsero anche in costanza di governo Draghi, le aste dei titoli stanno andando bene, e dunque non c’è alcuna ragione per alimentare profezie di sventura. E’ intellettualmente disonesto buttare la croce addosso al governo Meloni, che opera in un contesto totalmente opposto e sfavorevole, dopo i dieci consecutivi rialzi dei tassi decisi dalla Bce. Il governo Meloni è stato scelto dagli italiani e nessuno può pensare a un remake del film del 2011”.

 

 

Il piano per contrastare Meloni può andare a buon fine? Secondo Capezzone non ci sarà alcun replay di quanto visto 12 anni fa: “Stavolta i nemici esterni ed interni sanno bene che non possono disarcionare l’esecutivo. Puntano tuttavia a fiaccarlo, a logorarlo, a rendergli la vita complicata, a portarlo alle elezioni europee di giugno, sperano, in una condizione di difficoltà. E così i pizzini continuano ad arrivare, per via politica e per via mediatica (nazionale e internazionale). E ai pizzini si aggiunge il pericolo oggettivo rappresentato dalla riforma del patto di stabilità predisposta da Paolo Gentiloni. Si tratta di un trappolone, di una gabbia concepita per tenere insieme l’ormai tradizionale propensione dell’Ue a produrre stagnazione (anziché crescita) e l’attitudine delle burocrazie bruxellesi alla discrezionalità e alla trattativa opaca. Il gioco – la chiosa del giornalista - è fin troppo scoperto perfino in termini di metodo”.

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