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Vittorio Feltri: perché la "stampa rossa" odia Giancarlo Giannini

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Agli attacchi contro Silvio Berlusconi siamo abituati ma dopo la scomparsa del Cavaliere si sperava che la situazione potesse cambiare. Invece l'annuncio che Giancarlo Giannini avrebbe interpretato lo storico discorso in America del 2006 dell'allora premier al Berluscony Day di Paestum ha scatenato l'odio anche contro l'attore, che tra l'altro è uno dei pochi grandi divi italiani famosi anche all'estero. Vittorio Feltri nella sua "Stanza" sul Giornale di venerdì 29 settembre risponde a un lettore proprio su questo deprecabile fenomeno. "A me l’odio appare come il sentimento più inutile e incomprensibile di cui sia capace l’essere umano. Esso nuoce sia a chi lo prova sia a chi ne è destinatario, ma soprattutto al primo"; spiega il direttore editorale. Queso sentimento "sorge sempre dall’invidia. Va da sé che un essere umano, uomo o donna, tanto più si distingue dalla massa ed emerge tanto più sarà bersaglio di ogni sorta di angheria. È questo il caso del fondatore di Forza Italia", afferma Feltri che ricorda come "l’intolleranza da parte della sinistra nei suoi confronti" sia così grande e radicata "da perdurare ben oltre la morte".

 

Chi in un modo o nell'altro entra nella galassia Berlusconi finisce nel libro nero della sinistra. Come Giannini. "Trovo assolutamente ingiusto che venga redarguito dalla stampa rossa poiché oggi (...)  l’attore leggerà il discorso sulla pace e sull’immigrazione che Silvio pronunciò nel 2006 negli Stati Uniti, un discorso che Giannini giudica «bellissimo». Secondo i progressisti, essendo un attore ed essendo gli attori di sinistra (non si capisce perché viga questo obbligo o questa “tradizione”), Giannini dovrebbe astenersi dal compiere un atto simile, ritenuto indecente, vergognoso, quasi sacrilego".

 

Giannini ha risposto alle critiche rispondendo che un attore interpreta tutti, e in ogni caso "della politica non me ne frega niente", ha detto a Repubblica. "Non si afferra perché la sinistra pretenda di avere una specie di egemonia culturale e si erga ad arbitro indiscusso di ciò che è morale e di ciò che è immorale, di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto", ribadisce Feltri. Insomma, "non se ne può più di questa continua repressione della libertà di pensiero, parola ed espressione condotta dai progressisti con la presunzione di essere depositari della verità assoluta", spiega il direttore che ricorda l'amicizia con Giannini e le cene a casa di Giorgio Forattini con Umberto Veronesi, quando "si rideva e si discuteva di tutto, pure di politica, ma non con la rabbia e l’ideologismo imperanti oggigiorno". La libertà è anche incapacità di provare odio.

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