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“Critiche al Jobs Act e poi lo sfruttano per licenziarmi”, Cgil con le spalle al muro

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“Non capita a tutti di essere licenziati dal sindacato. A me è successo. La Cgil mi ha licenziato il 4 luglio”. Inizia così la lunga lettera pubblicata su Facebook da Massimo Gibelli, storico spin doctor della Cgil, nonché portavoce di numerosi leader del sindacato come Sergio Cofferati, Susanna Camusso e anche dell’attuale numero uno Maurizio Landini. Gibelli ripercorre i passi dell’addio: “Nel febbraio del 2021 la Segreteria della Cgil nell’ambito di una razionalizzazione e riorganizzazione delle attività del centro confederale ha deliberato la soppressione della posizione di ‘Portavoce del Segretario Generale’, incarico che allora ricoprivo. In un comunicato venni pubblicamente ringraziato per il lavoro svolto fino ad allora. Mi resi immediatamente disponibile ad essere utilizzato in altro incarico, in qualunque posizione e struttura l’organizzazione ritenesse proficuo utilizzare le mie competenze. Dopo due anni, il 4 luglio, al rientro da un breve periodo di ferie, sono convocato dal Segretario organizzativo. Durante il colloquio mi viene comunicato il ‘licenziamento per giustificato motivo oggettivo’ e consegnata la lettera raccomandata a mano in cui si specifica che ‘la data odierna, 4 luglio 2023, è da considerare l’ultimo suo giorno di lavoro’”.

 

 

Ed ecco il passaggio che fa strabuzzare gli occhi, con Gibelli che punta il dito sulla Cgil per le modalità utilizzate per l’addio: “Il diritto del lavoro è materia complessa e mutevole, risultato del sovrapporsi di innumerevoli leggi e riforme. Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo è previsto dall’articolo 3 della legge n. 604 del 1966, più volte modificato nel corso degli anni, in ultimo dalla riforma Fornero del 2012 e nel 2015 dal Jobs Act di Renzi. Leggi che furono fortemente contestate dal sindacato”. Quindi la Cgil pubblicamente critica il Jobs Act e poi ne sfrutta gli effetti.

 

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