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Paolo Mieli spiana la sinistra: "Rosicchia elemosina di sottogoverno"

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Le decisioni del governo Meloni sono state ampiamente dibattute nelle ultime ore per due motivi: la cancellazione del Reddito di cittadinanza e il rinvio del confronto sul salario minimo. Le opposizioni si sono dunque mobilitate, protestando e lanciando una raccolta firme. L'attuale quadro politico è stato commentato da Paolo Mieli in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera. Il giornalista ha attaccato duramente la sinistra che, stando alle sue parole, è indecisa e fuori fuoco.

 

 

Paolo Mieli ha esordito puntando il dito contro le opposizioni e spiegando quanto i partiti di sinistra si dividano su questioni di estrema importanza per il Paese. "Divisivo come la guerra d’Ucraina o la 'Gestazione per altri' e un’infinità di argomenti sui quali l’opposizione si divide, appunto, tra quelli che votano sì, quelli che votano no, quelli che si astengono e qualcuno che esce dall’Aula", ha scritto. Secondo il giornalista "solo su due questioni tra gli avversari della Meloni si è trovato un accordo di massima nel fronte che va da Azione al M5S: la protesta per il modo brusco con cui è stato abolito il reddito di cittadinanza e l’adozione di una norma che fissa il salario minimo a 9 euro lordi. Il Pd, con Marco Furfaro, ha protestato per la dilazione e ha annunciato che raccoglierà firme nelle piazze e sulle spiagge".

 

 

Quindi l'affondo alla sinistra: "I giornali della destra hanno riproposto dichiarazioni di intellettuali, economisti progressisti, esponenti del Pd e del sindacato contrari sia al reddito di cittadinanza, sia al salario minimo. Colpisce che nessuno dei chiamati in causa si sia sentito in dovere di spiegare e argomentare perché ha cambiato idea. In casi simili, a sinistra, si sorvola". Nel mirino del giornalista soprattutto il Pd: "Reduci da un decennio in cui sono stati quasi sempre al governo, si trovano invece assai spesso nell’imbarazzo di dover chiarire perché quello che propongono ora non lo abbiano realizzato quando era nelle loro possibilità. E perché adesso non prendano sul serio l’offerta della Meloni cimentandosi nell’arte di trovare un varco nella maggioranza allo scopo di ottenere un risultato. Di compromesso, certo, ma pur sempre un risultato".

 

 

La stoccata del saggista arriva alla fine dell'articolo: "Ma poi la sinistra è disponibile a scendere dal palco della propaganda al marciapiede della politica? È pronta a esporsi su un terreno che comporta una qualche interlocuzione con la maggioranza? O è obbligata, anche a causa delle divisioni interne, a presentarsi unita nella denuncia declamatoria accompagnata da una trattativa sottobanco. Vale la pena di accettare una sorta di dialogo con la maggioranza nella speranza di ottenere risultati in linea con i propri programmi? O è consigliabile un’opposizione dai toni baldanzosi e tenorili nella certezza di rosicchiare poi qualche elemosina di sottogoverno? In genere la scelta cade sulla seconda opzione".

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