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Emanuele Filiberto, fuorionda inguaia Juan Carlos: "Non doveva uscire"

Luca De Lellis
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Si è sentito ingannato e anche un po’ ferito Emanuele Filiberto di Savoia. Credeva fosse un documentario sulla vita di suo padre Vittorio Emanuele, figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II e, invece, nella docufiction Il Principe sbarcata su Netflix il 4 luglio, si è ritrovato a rivivere due eventi che hanno segnato un solco profondo nella storia della propria famiglia. “Non mi sento pentito di aver parlato, io e mio padre abbiamo avuto la possibilità di dire la nostra e voglio restare amico della regista Beatrice Borromeo”, ha ammesso l’ex concorrente di Ballando con le stelle. Ma, nell’intervista concessa al Corriere della Sera, ha poi tuonato contro il modus operandi della produzione: “Non mi piace che adesso per promuoverlo, per far pubblicità al lavoro su Netflix, si rivanghino storie come questa che non c’entra nulla. E poi non è nuova”.

 

Filiberto si è detto allibito, perché credeva fosse un documentario sulle opere di Vittorio, salvo poi scoprire che i temi erano altri. In particolare la vicenda dell’Isola di Cavallo, in Corsica, quando nella notte tra il 17 e il 18 agosto 1978 l'ultimo erede al trono d'Italia, all'epoca esiliato, si infuriò perché un gruppo di giovani turisti arrivati dalla Sardegna “aveva preso in prestito” un suo gommone, e sparò due colpi con una carabina. E se il primo si perse nell’aria, l’altro invece colpì l’arteria femorale del 19enne Dirk Hamer. Il figlio di Vittorio sta con suo padre, e sentenzia: “Su questa vicenda si è pronunciata una giuria popolare di 12 giurati in Francia, la questione è chiusa: l’innocenza di mio padre è stata stabilita ormai trent’anni fa dalla Corte d’Assise di Parigi, che l’ha completamente scagionato. O vogliamo fare di un documentario un nuovo tribunale?”.

Filiberto protesta, prendendo di mira chi ha partorito la docufiction Il Principe, che per essere accolta da Netflix ha avuto bisogno di rivangare un passato burrascoso e ormai archiviato: “Non posso far altro che ricordare che non è il modo di trattare un uomo stanco e ammalato, di 86 anni. Mia madre ne ha 88 e per la nostra famiglia è stato davvero molto doloroso affrontare per decenni la questione Hamer”.

 

Però abbiamo parlato di due incidenti. Qual è l’altro? Nel 1956 i Savoia si trovavano in esilio in Portogallo e Alfonso, fratello del futuro sovrano Juan Carlos dopo il franchismo in Spagna, morì a 15 anni per un colpo partito da un revolver, si racconta, regalato dal generale Francisco Franco. La versione ufficiale dell’ambasciata spagnola parlò dell’arma nelle mani dello stesso adolescente ucciso che era impegnato nel pulirla, mentre molti hanno sostenuto una responsabilità involontaria di Juan Carlos. Nella docufiction è stata ripresa la versione di Vittorio Emanuele, con un particolare però: le telecamere erano spente e la frase è stata “rubata” in un fuorionda. “Ero presente”, avrebbe confessato, “si andava a sparare a dei barattoli in mare. Juanito ha fatto un casino... non gli ha sparato diretto ma attraverso un armadio, lui era lì per caso, un incidente”. Dura la reazione di Filiberto, che chiarisce al quotidiano: “Io e mio padre rispettiamo re Juan Carlos che è sempre stato vicino alla nostra famiglia. Una triste vicenda, e sinceramente non valeva la pena riparlarne. E poi, mettere nel documentario la conversazione privata tra due persone... e che nulla c’entra con la storia di mio padre. Ci spiace sia uscito un fuorionda che non ha ragion d‘essere in un racconto su altro”.

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