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Ucraina, lo scenario di Fabbri: perché gli Usa temono il successo dell'offensiva

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La controffensiva ucraina "sta andando male, qualcuno dice addirittura molto male”. L’analista e direttore di Domino, Dario Fabbri, spegne le illusioni. Il tanto atteso contrattacco di Kiev non sta avendo gli esiti sperati e l’esercito russo, nonostante sia costretto a stare sulla difensiva, continua a reggere il fronte. Ecco perché - secondo Fabbri, ospite lunedì 10 luglio di Omnibus su La 7 - gli Stati Uniti avrebbero approvato l’invio delle bombe a grappolo che, sottolinea, “non sono armi normali”. La loro fornitura agli ucraini per Washington avrebbe però un doppio significato. 

 

Da un lato dare più forza alle operazioni degli ucraini che rispetto a un anno fa non riescono proprio ad avanzare: “Allora l’esercito russo impiegato da quelle parti, escludendo i mercenari, superava di poco le 100.000 unità; oggi è nettamente ingrossato, qualcuno sostiene che sia quasi tre volte quella cifra” e nel frattempo, in previsione della controffensiva, quello stesso esercito ha costruito fossati e trincee e si è giocato letteralmente “il tutto per tutto” con l'inondazione nell'oblast di Kherson della diga di Nova Kakhovka. Una situazione di stallo per la controffensiva ucraina che non dispiace a Washington perché secondo Fabbri gli americani la temono e “non vorrebbero che fosse di eccessivo successo” perché “provocherebbe oltremodo il possibile utilizzo dell'arma tattico nucleare della Russia”.

 

Dall’altro l’invio delle bombe ad elevato potenziale distruttivo servirebbe per giungere a ottobre ad un cessate il fuoco: gli americani “vogliono portare al tavolo delle trattative non solo Kiev - come è evidente - ma anche Mosca” e l’annuncio di una consegna di questo tipo potrebbe significare: “attenzione se noi vogliamo poi la controffensiva ucraina può essere più efficace di quanto non sia stata in questo momento”. Un monito per Mosca necessario dopo gli scarsi risultati portati dalle armi già inviate dai paesi occidentali a Kiev. Primi fra tutti i Leopard, i carri armati che dovevano abbattere le difese russe: “stanno facendo una figura così così sul fronte - e ci teniamo larghi” ha sottolineato l’analista. 

 

Un invio dunque necessario visto che l’esercito di Kiev non è riuscito a sfruttare anche il più drammatico momento della storia recente di Mosca -  e cioè il tentato Golpe di Prigozhin e della Wagner: “non si sapeva nemmeno se in quelle ore il Cremlino fosse ancora in piedi o se Putin fosse fuggito” e “neanche in quelle ore è riuscita a sfondare la linea del fronte”. Una fornitura che sarà quindi limitata, sarà un duro monito per i Russi e avrà uno scopo, perché – conclude Fabbri – “la consegna di questi armi non vuol dire che gli Stati Uniti vogliano una guerra sine die” (senza scadenza).

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