BOTTA E RISPOSTA

Zangrillo, la lezione del ministro a Checco Zalone: "Posto fisso? Lasciamolo a lui"

Christian Campigli

Un cambio radicale. Di atteggiamento, di mentalità, di visione. Il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ribalta dogmi che parevano essere immutabili e, durante una lectio alla scuola di amministrazione aziendale, afferma che “il mito del posto fisso sta per essere soppiantato dal mito del lavoro figo”. Come dire, chi sceglie di diventare un dipendente pubblico non lo deve fare solo per la certezza dello stipendio alla fine del mese, ma anche perché quel posto di lavoro è interessante, può rappresentare un momento di crescita personale.

“Oggi i giovani non cercano la stabilità, cercano un virtuoso equilibrio tra l'attività professionale e la loro vita privata. Quindi quando cercano il posto di lavoro non si accontentano di un posto fisso, vogliono avere un lavoro che sia ben retribuito, capace di valorizzarli, che dia loro delle opportunità di crescita e che sia capace di bilanciare l'aspetto professionale con quello della vita privata. Quindi - ha detto il ministro Zangrillo - io direi che il mito del posto fisso lo lasciamo a Checco Zalone”.

Ma come realizzare quest'obiettivo? “Dobbiamo rendere la Pa un’organizzazione capace di valorizzare il merito. I nostri giovani, quelli bravi e con talento, lasciano l'Italia perché hanno la sensazione che questo Paese non sia capace di valorizzarli. Per valorizzare le persone dobbiamo garantire loro un’organizzazione capace di dare loro formazione, e quindi fare in modo che le persone possano crescere dal punto di vista delle competenze, che si traduce in capacità, in saper fare e quindi nella possibilità di ambire all’ascensore sociale nell’organizzazione”.

Zangrillo ha poi toccato uno dei temi centrali della questione, ovvero lo stipendio. "Il tema della retribuzione è una delle voci su cui lavorare per rendere attrattiva Pa - ha poi sottolineato a margine - Il vero problema è accompagnare la crescita retributiva delle persone come avviene nel settore privato e una delle chiavi è il merito. L’impegno della pubblica amministrazione sui nuovi inserimenti è una sfida di straordinaria importanza perché noi veniamo da dieci anni di desertificazione della Pa. Abbiamo perso 300mila persone negli ultimi dieci anni, l’anno scorso abbiamo ricominciato ad assumere, ne abbiamo inseriti 173mila e lo stesso numero verrà inserito nel 2023, e andremo avanti fino al 2026 assumendo circa 150mila persone. Lo faremo sia in logica di sostituzione turnover sia per rafforzare tutte quelle competenze che servono soprattutto a enti territoriali per la realizzazione dei piani del Pnrr”.