Lino Banfi senza freni: "Avevo debiti con gli usurai e...". Cosa rivela in radio
Il suo nome, prima di conoscere il grande Totò, era Pasquale Zaga. Ma il principe De Curtis gli disse: "Mai abbreviare un cognome, porta sfortuna". E così, leggendo il cognome di uno studente in un registro scolastico, Lino scelse Banfi. La sua è una carriera piena di sacrifici, fatica e gavetta. Arriva al successo con tenacia e dice grazie a Lucia, la sua amata moglie che è scomparsa di recente (il 1° marzo la coppia avrebbe festeggiato 61 anni di matrimonio). "E' difficile spiegare come uno si sente. Come ho detto a Maria De Filippi - abbiamo avuto più o meno lo stesso destino negli stessi giorni- come se si fosse staccata una cosa da te. Passerà, ma non è facile. Faccio l'esempio di una foto: se la strappi puoi unirla con qualsiasi tipo di colla, ma resta staccata. Più tardi succede e più pensi al tempo che hai trascorso con lei", dice Lino Banfi a Non stop News con Enrico Galletti, Giusi Legrenzi e Massimo Lonigro.
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"La chiesa era strapiena di tutte le persone della nostra zona, piazza Bologna. Lei non diceva mai 'Sono la moglie di Lino Banfi, ma diceva di essere la signora Lucia", racconta. "Quando mi chiedono: come fai a resistere tanti anni? Io dico: "Io e Lucia siamo due muratori, non siamo ingegneri o geometri. Non ci vergognavamo a dire ti amo, sembra ridicolo, ma è così", dice ancora Banfi.
Banfi incontra più volte Papa Francesco. "Volevo fare gli auguri a Sua Santità in occasione del compleanno, mi fece passare e mi volle incontrare. Ma ero senza mia moglie. Gli chiesi: 'Santo Padre, mia moglie mi ha chiesto di chiederle - visto che lei è più vicino a Dio di noi - se io e Lucia possiamo morire insieme". Il Papa si stava quasi commuovendo, mi resi conto che era un momento imbarazzante. Lui rispose: 'Magari avessi questa possibilità, caro Banfi'".
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I sacrifici nella sua vita non mancano. L'attore è un mestiere difficile, pieno di ostacoli. Per questo motivo Lucia resta, durante tutta la sua vita, una vera e propria bussola. "Capii che il mestiere era duro, fare l'attore con il cabaret era praticamente impossibile. Mandavo, lo ricordo bene, ogni mese i soldi a mia moglie e a nostra figlia. I soldi non bastavano mai. Avevo molti debiti con i 'cravattari' (usurai ndr). Dovevo rimanere a Roma a tutti i costi e allora mi resi conto che non potevo fare questo lavoro. Andai sulla Tiburtina per dare fuoco al baule con tutti gli abiti di scena, i manifesti, le fotografie e l'armamentario dell'avanspettacolo", ricorda a Non stop News. "Andai a parlare con un senatore della Democrazia Cristiana, amico di mio padre, che mi avrebbe aiutato. Mi promise un posto come usciere in una banca. Tornai a casa e raccontati tutto a mia moglie, non dormimmo di notte. Lei mi guardò e mi disse: "Perché devo avere accanto un marito triste? I debiti ce li abbiamo con i "cravattari" (venivano a prendersi qualsiasi cosa per saldare le rate). Mia moglie non ha mai pensato al posto fisso: voleva un marito felice. Presi coraggio e ricominciai a fare cabaret. Devo tutto a lei", conclude Banfi.