musica

Vasco Rossi spiazza tutti: qual è il vero significato di Vita spericolata

Valentina Bertoli

Un successo intramontabile, un inno generazionale: “Vita spericolata” di Vasco Rossi spegne quaranta candeline. Autore di brani dissacratori e dalla forza dirompente, il rocker più acclamato d’Italia festeggia il compleanno di un brano inizialmente frainteso dai detrattori e poi divenuto hit da record. Emblema di un modus vivendi sui generis, “Vita spericolata” fu un flop al Festival di Sanremo del 1983 e poi un successo radiofonico senza rivali. È proprio Blasco a svelare il motivo del mancato riconoscimento immediato: “Cantare ‘voglio una vita maleducata’ era uno sberleffo a tutta la platea, a quei tempi molto ingessata”.

Vivere senza limiti, senza regole, senza orari: nel 1983, sul palco dell’Ariston, Vasco Rossi, il rocker per eccellenza, cantò la strafottenza e la trasgressione. Il brano, muscolare e dai passaggi drittissimi, sconvolse prima la platea e poi i critici musicali. È così che la carriera del celebre cantautore si intreccia con la storia del Festival della canzone italiana. Dopo aver ispirato fiumi di inchiostro e scomodato intellettuali di ogni genere, “Vita spericolata” torna ad essere commentata proprio dal suo autore. Il Blasco si racconta nudo e crudo, sbavature comprese. Il filtro del perbenismo lo lascia a chi cerca brani fruibili e rivendica, con orgoglio, il diritto a non nascondere nulla. “Festeggio i 40 anni a tarallucci e vino, come si fa sempre in questo Paese un po’ balzano. Era una canzone nata dalla sbornia di ottimismo probabilmente ingenuo degli Anni Ottanta, che veniva dopo la grande illusione del sogno di poter cambiare il mondo o almeno il sistema che metteva al centro la merce, il profitto, il consumismo, la pubblicità, invece che l’uomo”: esordisce così il performer di Zocca.

Poi, in equilibrio tra sincerità ed entusiasmo, continua: “Con la sconfitta dei Settanta e il delirio delle Brigate Rosse, s’era infranto tutto. Ma poi: chi non vuole una vita spericolata a 30 anni? Una vita piena di avventura... È una delle canzoni più fraintese della storia dell’umanità, è un inno alla vita vissuta spericolatamente, nel senso di intensamente. È venuta fuori dalla mia anima, avevo alle spalle già anni di canzoni e vita sui palchi. Finì nell’album Bollicine e dilagarono tutti e due”. Ad attirare l’attenzione dei seguaci più scatenati è un retroscena inaspettato. Sembra infatti che Vasco abbia accettato di far parte della kermesse del 1983 per sdebitarsi con Gianni Ravera. Quindi chiarisce meglio: “Ero già stato a Sanremo con ‘Vado al massimo’. Ravera mi invitò a tornare. Io gli dissi: ho fatto il matto per provocare, per farmi notare. Non è che posso tornare e rifare il matto se no va a finire che vado a lavorare in un circo”.

Vasco prosegue: “Poi è successo un fatto importante: a settembre venne fuori il testo di ‘Vita spericolata’ su una musica di Tullio (Ferro, ndr.) che mi piaceva moltissimo. Volevo un brano spericolato, maleducato, alla faccia di tutti”. Tra rivelazioni divertenti e backstage impensabili, il rocker confessa il desiderio di provocare “una platea di benpensanti e perbenisti” e conclude: “Cantare ‘voglio una vita maleducata’ era uno sberleffo alla platea, a quei tempi molto ingessata”. Una buona dose del Blasco non fa mai male, si sa. Levante, nella serata dei duetti di venerdì 10 febbraio, coinvolgerà Renzo Rubino in un’interpretazione di ‘Vivere’. Ennesima cover o accurata rivisitazione?