Sinistra in piazza per la pace, Quirico brutale: “Inutile manifestazione di ipocrisia"
“Manifestare per la pace è in sé lodevole, meravigliosa conferma che non ci rassegniamo alla terra spopolata, alle città vuote e messe a sacco, ai carri armati enormi e senza sportelli, ciechi come pesci degli abissi. Ma il dubbio nasce se la manifestazione si riduce appunto a una ecumenica, inutile manifestazione di ipocrisia”. È questo il passaggio fondamentale di un articolo di Domenico Quirico apparso su La Stampa per commentare le manifestazioni della pace andate in scena tra Roma e Milano. Il giornalista è durissimo su chi è sceso in piazza per un cessate il fuoco tra Ucraina e Russia e auspicare la fine della guerra: “Grazie a questa ipocrisia vi hanno partecipato tutti, preti e mangiapreti, comunisti e reazionari, liberali e liberisti, le schiere novelle che hanno ormai sostituito da alcuni mesi lo spirito santo con la Nato, filorussi cauti come carbonari e orfani inconsolabili di tutte le terze vie, i multilateralismi, le mondializzazioni salvifiche”.
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L’affondo va avanti: “Tutti presenti dopo aver opportunamente verificato che la parola pace sarebbe stata scandita, sillabata e scritta all’italiana, ovvero dopo averla preventivamente svuotata di qualsiasi riferimento concreto, diplomatico, reale. Riconducendola cioè alla sua esclamazione metafisica, sacrale e quindi inutile, andate in pace… Invito di cui le vittime della guerra, in divisa e non, quelli per cui ogni speranza sembra spenta, davvero non sanno - sottolinea Quirico - che farsene”.
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Il giornalista pone alcune domande a chi è sceso in strada per manifestare: “Che cosa significa la magica parola pace? Non sono riuscito a saperlo. Etere, sogno, possibilità in attesa di una forma? Temo sia così. Per fare la pace - conclude Quirico - bisogna inevitabilmente sedersi al tavolo con l’aggressore, ovvero Vladimir Putin, discutere con lui, accettarlo come interlocutore, fino ad arrivare, forse, alla definizione di un equilibrio che ponga fine, temporaneamente al dominio della morte. Sgradevole necessità, certo, quella di discutere con il colpevole. Ma la pace, ontologicamente, richiede due soggetti. Altrimenti si chiama resa senza condizioni, vittoria assoluta. Per favore, sfiliamo non per la pace, ma per esigere la vittoria”.
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