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Coldiretti, Prandini: "La sovranità alimentare è una svolta per l'Italia”

Gaetano Mineo
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Si dice «entusiasta» del ministero della Sovranità alimentare, ex Politiche agricole, in quanto porta a una «visione strategica» dell'agricoltura. E, di agricoltura, Ettore Prandini, ne sa qualcosa non solo perché è un imprenditore agricolo, ma soprattutto perché da quattro anni è il presidente di Coldiretti, la principale organizzazione agricola italiana con oltre 1,5 milioni di associati.

Presidente, nasce il dicastero della Sovranità alimentare.
«Siamo entusiasti di questo nuovo ministero. Non è una novità assoluta in quanto già la Francia aveva evidenziato il tema della sovranità alimentare con il loro dicastero grazie a una serie di strategie politiche legate anche al Pnrr e messe in campo dal presidente Macron. Tuttavia, il fatto che oggi il governo guidato da Giorgia Meloni intuisca in modo intelligente questo tema, segna una svolta. Tema che nulla ha a che vedere col sovranismo, come invece intendono strumentalizzare alcuni pseudo politici italiani, confondendo sovranità con sovranismo. E questo la dice lunga rispetto alla loro preparazione tecnico politica».

 



In estrema sintesi, cosa vuol dire sovranità alimentare?
«Nella sovranità alimentare c'è una progettualità d'insieme, a breve ma anche a lungo periodo, per rafforzare la filiera agroalimentare. Noi per anni abbiamo inseguito la moda della globalizzazione col paradosso di aver cessato di coltivare le nostre arie collinari, montane, a favore dell'importazione di prodotti a bassissimo prezzo e questo, nei momenti di difficoltà, come recentemente, ha fatto saltare il nostro sistema non importando più alcuni prodotti. Quindi, il tema sovranità parte da questa visione strategica».

Vuol dire anche tutela e rilancio del Made in Italy?
«Non solo. Ma a proposito di Made in Italy, il dicastero della Sovranità alimentare fa il paio con l'ex ministero dello Sviluppo economico, oggi proprio Made in Italy, in quanto quest'ultimo punta a valorizzare tutto ciò che potrà essere esportato nel mondo, avendo la garanzia che parte da un elemento di italianità. E questo è anche una grande svolta. Pensi all'annosa questione dell'italian sounding che oggi, per quanto riguarda l'agroalimentare, vale 120 miliardi».

 



Il Pnrr agricoltura vale 7,5 miliardi, a che punto siamo con la spesa?
«Possiamo dire che la maggior parte dei bandi sono aperti, ne mancano alcuni. Tuttavia, condividiamo la preoccupazione della premier Giorgia Meloni sul fatto che parte delle risorse stanziate nel Pnrr rischiano di non essere spese, soprattutto quelle destinate ai Comuni. A questo punto, serve una rimodulazione del Pnrr al fine di poter rinvestire queste risorse in infrastrutture: immateriali, logistica, rete irrigua. Cosa che già da tempo, la Meloni, aveva portato in termini di riflessione, scatenando una levata di scudi. Ribadisco, è necessario fare alcune modifiche al Pnrr senza stravolgerlo, perché rischiamo di perdere tante risorse». 

 

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