Russia Ucraina, "come finirà la guerra". La profezia di Toni Capuozzo e il pericolo Cina
“Dall’Ucraina, un messaggio silenzioso a Pechino: si può fare”. Così l’ultimo post di Tony Capuozzo su Facebook. Lo storico inviato di guerra per il TG5, da 112 giorni, commenta e spiega l’invasione dell’Ucraina per mano della Russia ed. La sua voce fa da contro-coro alla narrazione comune, non perché il Paese di Zelensky non abbia diritto a difendersi, ma per la speciale copertura mediatica di cui ha goduto finora: “Questa è anche un po’ nostra, perché ci tocca nel portafogli, oltre che nei sentimenti, e perché siamo cittadini di un paese che, con l’invio di armi, è inevitabilmente parte in causa. Nella informazione, l’Ucraina scivola verso titoli meno cubitali. (…). Non è più l’eroismo, non è più la distribuzione di armi ai civili, non è neppure più l’esodo biblico. E’ Kiev che chiede ai suoi, al fronte, di tenere duro, a costo di grandi perdite”.
Capuozzo sottolinea con malcelata amarezza che siamo di fronte a una tattica politica più che militare finalizzata a “forzare la mano agli alleati – più armi e più in fretta – e coinvolgerli sempre di più. Senza la Nato in guerra non ti riprenderai mai il Donbass”. Ma qualcosa nei rapporti tra alleati sembra cambiato nell’ultima settimana come osserva Capuozzo: “Il guaio, per gli ucraini, è che neppure a Washington credono più alla svolta, e anzi temono una Caporetto ucraina. Forse è meglio negoziare prima che sia tardi, prima che Putin si faccia ingolosire dalla linea del Dniepr e da Odessa”.
I miracoli in guerra sono rari e a Severodonetsk si sta per replicare il dramma dell’acciaieria dell’Azovstal, per questo l’inviato rivela il vero scopo della visita di Draghi, Macron e Scholz a Zelensky: “Facile ci sia la necessità di tastare il polso a Zelensky, che rischia di essere colpito alle spalle dai suoi, se dovesse dare prova di realismo. Facile che ci siano premi di consolazione per un’Ucraina che accettasse, a denti stretti e in punta di fatto, non di diritto, l’amputazione di un Donbass allargato”.
Una resa che per quanto edulcorata manda un messaggio chiaro alla Cina: “Si può fare. Conterebbe di più che sarebbe premiata un’invasione, una politica di prepotenza militare: il mondo non è libero e bello, e neppure giusto. Il resto è già visto: debiti di guerra, business della ricostruzione, processi per i crimini di guerra, e una storia senza vincitori, perché stavolta abbiamo davvero perso tutti”.