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Mezz'ora in Più, l'ex giudice Giancarlo Caselli accusa la politica: “Non si occupa mai di mafia”

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A 30 anni dalla morte di Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia nella strage di Capaci, Giancarlo Caselli, ex procuratore di Palermo e di Torino, ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in Più su Rai3, ricorda il magistrato che per combattere Cosa Nostra ha perso la vita. “I mafiosi sopravvivono nel tempo perché la spina dorsale del loro potere sono le relazioni esterne. Oggi - ha spiegato Caselli - il pentimento è depotenziato ed in realtà è un caposaldo della lotta alla mafia. La mafia nell’agenda politica è sempre all’ultimo posto, o non c'è, invece dovrebbe essere oggetto di specifica attenzione, la mafia è un camaleonte e si adatta sempre al periodo. Bisogna occuparsene con continuità. Avvelena parti legali dello Stato consistenti, quando non sono alleati per fare affari insieme. Falcone e Paolo Borsellino sono morti perché noi non siamo stati abbastanza vivi, perché non ci siamo abbastanza indignati di quello che Falcone e Borsellino vedevano e combattevano anche a sacrificio della loro vita. La società civile non è stata abbastanza viva, chi combatteva contro la mafia è stato sovraesposto e in questo modo è rimasto solo. I mafiosi sono dei gangster senza dubbio, fanno traffico di armi, di droga, di rifiuti, ma se fosse soltanto gangster non saremmo qui a parlarne. Sarebbero scomparsi da chissà quanto. Persistono nel tempo grazie a legami, collegamenti, coperture e collusione con pezzi della politica e dell’imprenditoria”.

 

 

“Tutte le vittime di mafia - dice ancora l’ex magistrato - sono morte anche perché la mafia le ha uccise ma anche perché non siamo stati abbastanza vivi. Falcone e Borsellino e gli altri hanno visto una serie di nefandezze, omicidi, stragi, lo scempio della democrazia, il voto di scambio ma non si sono girati dall’altra parte hanno continuato a darci dentro sacrificando la vita. Noi cittadini, noi Stato, noi Chiesa, per chi è credente, davanti a quelle stesse nefandezze ci siamo accontentati del compromesso, del quieto vivere. Non - ammonisce e conclude Caselli siamo stati abbastanza vivi nel senso che non ci siamo abbastanza indignati di quello che Falcone e Borsellino vedevano e combattevano fino al sacrificio della vita. Il Csm aveva negato a Falcone il ruolo di capo del pool antimafia”.

 

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