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Flavio Briatore dispensa ottimismo: dopo il Covid e la guerra sarà una grande estate

Antonio Siberia

«Un imprenditore deve fare quello che sa fare: creare ricchezza e posti di lavoro, anche sfidando le circostanze negative». A parlare è Flavio Briatore. L'ultima volta che lo abbiamo intervistato l'Italia e il mondo erano alle prese con l'emergenza Covid. Oggi siamo in tempi di guerra. E questa è la nostra chiacchierata.

Come fa a non perdere l'ottimismo?
«Anche nel momento più difficile, quello del Covid, noi abbiamo avuto comunque ristori proporzionati dappertutto, a parte l'Italia. In quasi tutti gli altri Paesi i dipendenti hanno preso la cassa integrazione a salario pieno. Durante il Covid l'azienda quindi non ha sofferto: sì, siamo stati chiusi, è mancato l'incasso, non abbiamo distribuito i dividendi perché li abbiamo reinvestiti però tutta la parte del personale, nei Paesi dove operavamo, è stata sostenuta dai governi. Anche i nostri dipendenti ne sono usciti benino alla fine».

Dal Covid alla guerra in Ucraina, l'emergenza sembra non finire mai. Perché un imprenditore dovrebbe investire?
«La guerra prima o poi dovrà finire e comunque devi sempre investire nelle speranze. La gente parla, parla. Vedo alcuni personaggi nei talk show, tutte persone che non sono mai state in Russia, che non hanno mai avuto un cliente russo e che oggi emettono sentenze. Prima, con la pandemia, erano tutti professionisti del Covid. Oggi queste figure sono state spazzate via perché sono diventati tutti esperti della guerra, anche quelli che sino a ieri facevano la calzamaglia».

 

Due anni di pandemia, ora il conflitto. Teme per la ripresa questa estate?
«Mancheranno i russi, avremo però clienti importanti come gli italiani che sono due anni che non vivono un'estate normale e abbiamo un'apertura agli Stati Uniti perché gli americani da oltre 24 mesi non venivano più in Europa. Per cui, zero problemi. Sa, in Italia, è sempre così: cercano di essere negativi su tutto. Credo che anche in Sardegna, a Forte dei Marmi, non cambierà niente. Non capisco perché ogni volta noi abbiamo questo pessimismo e cerchiamo ciò che non va, fino a renderlo esponenziale».

Quindi prevede un'estate normale?
«Io sono certo che avremo una stagione piena ed il cliente migliore sarà l'italiano. Mascherine, green pass, controlli, in questi due anni non si capiva un cazzo su chi poteva entrare e chi poteva uscire. Quest' anno sì, sarà una estate normale».

Sulla guerra come la vede?
«Mi aspettavo che la diplomazia fermasse Putin prima che cominciasse la guerra. Soprattutto dall'Europa. E mi aspettavo pure che gli americani scongiurassero questo conflitto. Invece - dopo lo sciagurato ritiro delle truppe dall'Afghanistan, un errore grave che ha dato una immagine di debolezza americana - ciò non è accaduto. È mancata completamente la diplomazia, può darsi che c'entri anche il fatto che in Germania la Merkel non è più al potere. Chissà. Vede, le guerre bisogna fermarle prima che inizino, dopo è difficile».

Veniamo al nostro Belpaese. Cosa non va?
«L'ostacolo che blocca l'Italia è la burocrazia, lo sanno tutti ma nessuno fa niente. Siamo un Paese fermo. Dobbiamo liberalizzare. Abbiamo messo su il reddito di cittadinanza, perdendo molta forza lavoro che non si impegna più a cercare un posto, ragion per cui se io fossi il governo il reddito di cittadinanza lo sospenderei. Non in tutti i casi, perché chi ha bisogno ed ha delle emergenze va sostenuto. Ma ai ragazzi di 24-25 anni lo sospenderei da oggi. Anzi andava sospeso ad aprile perché siamo un Paese che ha il turismo come prima azienda di valore».

Per i suoi locali ha difficoltà a trovare personale?
«Ho anche io problemi a trovare il personale perché oggi le persone vogliono più tempo libero, hanno un minimo di sussidio e gli basta. Poi magari fanno pure qualche lavoretto in nero e son contenti. I ragazzi non han voglia di fare sacrifici perché lavorare in un ristorante è fatica. È tutto sbagliato, l'Italia oggi dovrebbe investire sulle imprese perché i posti di lavoro non li crei coi sussidi ma con le aziende. Ma l'Italia è un paese comunista ed ai politici gli imprenditori non piacciono. Andrebbe abbassato il cuneo fiscale, perché le aziende pagano il doppio rispetto al salario che percepisce il lavoratore. Le dico di più: son riusciti persino a mettere le tasse sulle mance dei ragazzi, se un cliente gliele lascia con la carta di credito. Son cose fuori da ogni logica».

Come vanno gli affari?
«A Roma è un successo fantastico, siamo in overbooking tutti i giorni ed abbiamo prenotazioni fino ai primi di giugno. L'apertura di "Crazy Pizza" in via Veneto ha ridato entusiasmo alla strada resa famosa da Fellini e so che altri ristoranti importanti stanno per aprire. Quando la gente vede movimento si diverte, la sera c'è la fila davanti ai locali, si crea l'atmosfera necessaria al ritorno di vitalità e allegria».

E il resto?
«A Riyad, in Arabia Saudita, "Crazy Pizza" va da Dio, facciamo dagli ottocento ai mille coperti al giorno. Poi abbiamo aperto a Milano, a fine giugno partirà il "Billionaire" di Mykonos ed io tornerò ad occuparmi di Formula 1 per la parte commerciale e d'intrattenimento».

Le mancava la velocità?
«Sono rientrato in una famiglia dove son stato per 25 anni. Con Stefano Domenicali (ndr, presidente e ad della Formula 1) abbiamo trovato un accordo, il mio titolo sarà di ambasciatore di Formula 1, per esplorare nuovi sponsor, nuovi Paesi, nuove sfide e nuovi gran premi». Di corsa. Come sempre.