l'analisi

Per quale motivo è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina: "Le colpe Nato?". L'analisi di Paolo Mieli

Giada Oricchio

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin sta polarizzando la politica, l’opinione pubblica e i mass media. Di chi è la colpa dell’inizio delle ostilità? E’ vero che il numero uno del Cremlino ha attaccato per paura che la Nato arrivasse ai confini del suo vasto territorio? Quando ci sarà la pace? L’ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, ha dato una risposta a tutte queste domande in un'intervista all'Huffington Post.

La propaganda russa, ripresa anche in Italia da autorevoli esperti, sostiene che tutto nascerebbe da una aggressione della Nato. Mieli però smonta questa idea: “Prendiamo una bella carta geografica. Dico: guardate le dimensioni, non può essere questione di missili, perché entrambe le parti da tempo hanno missili che in due minuti raggiungono le capitali l’una dell’altra. Non c’è bisogno di cento chilometri in Ucraina”.

Lo storico ricorda un particolare non secondario: “La richiesta da parte dell’Ucraina di entrare nella Nato è del 2008, da allora non è andata né avanti né indietro. Da ultimo andrebbe ricordato che il grosso dei Paesi ex comunisti aderì all’alleanza alla fine gli anni Novanta”.

Paolo Mieli si spinge oltre affermando che anche il via libera ai Paesi baltici nella Nato in passato non è stato considerato un pericolo per la sicurezza mondiale: “Da noi erano presidenti del Consiglio Romano Prodi, Massimo D’Alema e Giuliano Amato, tutte persone che oggi esibiscono grandi sofferenze. Non ricordo – ma forse è solo un difetto di memoria - un solo momento in cui uno di loro abbia detto agli alleati: ‘Se vi azzardate a farli entrare nella Nato mettendo a rischio la sicurezza globale, lascio la guida del governo’. È tutta roba a posteriori di ventitré anni dopo e uno di loro a quei tempi era alla guida di aerei Nato che bombardavano Belgrado”.

L’editorialista cestina anche la teoria della "guerra per procura" tra Usa e Russia: “Questa è tremenda. Vorrebbe dire: Zelensky e quelli che resistono nell’acciaierie Azovstal lo fanno perché costretti; loro vorrebbero fare la pace, ma la Nato e i perfidi americani li obbligano a combattere. E invece è così evidente che l’unico paragone storico è quello con Roosevelt. Ricordi? All’inizio della seconda guerra mondiale il presidente americano non poteva intervenire dalla parte degli inglesi perché glielo impedivano l’opinione pubblica, gli avversari politici e una certa sinistra statunitense che, ai tempi del patto Molotov Ribbentrop, faceva manifestazioni per la pace in tutte le università. Poi quando Hitler si scatenò contro l’Urss, allora l’atteggiamento generale mutò”.

Per Mieli c’è solo un dato di fatto da tener presente: Vladimir Putin il 24 febbraio ha scelto deliberatamente, e dopo averlo negato a più riprese, di invadere l’Ucraina portando devastazione, morte e carestia nell’Europa.