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Scandalo Colosseo, così finisce l'era di Franceschini. E il Pd tace

Susanna Novelli
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Stupisce non poco lo stupore di molti nello scoprire che dietro il sistema di vendita dei biglietti del monumento più famoso al mondo ci sia un vero e proprio meccanismo di monopolio che arricchisce pochi e mette all’angolo i più. Eppure la sconcertante gestione della cooperativa, durata ben 27 anni a suon di proroghe, è salita più volte all’onore della cronaca (non solo cittadina). A nulla sono valse negli anni le proteste dei dipendenti, le interrogazioni in Campidoglio e persino in Parlamento. Un’omertà che pure ieri, nel silenzio assordante del Pd sulla maxi multa da 20 milioni di euro dell’Antitrust, ha confermato come il coperchio sulla dittatura di sinistra nella gestione della cultura capitolina si sia finalmente alzato. Presto per dire se sarà sufficiente. Certo è che la notizia conferma la fine di un ciclo iniziato, è vero nel 1997, ma che con Dario Franceschini alla guida del ministero dei Beni culturali ha avuto il suo picco più alto.

 

 

Non a caso la riforma che ha portato alla nascita (e dunque all’autonomia) del Parco archeologico del Colosseo, non solo ha rivisto le percentuali degli incassi da dividere tra soprintendenza speciale, resto della città e fondo di solidarietà, ma ha dato ampia autonomia anche nella diversificazione dell’offerta dei servizi. La "valorizzazione" dell’Anfiteatro Flavio, Paladino e Domus Aurea era stata in qualche modo "concordata" con l’allora sindaco dem Ignazio Marino. Una presa di posizione del Campidoglio che tuttavia cambia radicalmente con l’arrivo di Virginia Raggi la quale, in qualità di primo cittadino, ricorre al Tar proprio contro la riforma Franceschini, che si vendica rendendo pubblico un colloquio nel merito che la sindaca aveva pur chiesto di mantenere privato. Siamo nel 2017, epoca in cui il ministro dem, dopo le epurazioni del Mondo di Mezzo, appariva come l’ultimo baluardo di un Pd in preda al panico. Anni in cui il sodalizio con Giovanna Melandri per dieci anni alla guida del Maxxi si è rinforzato a suon di finanziamenti per nuove strutture, mostre e giornate "a tema" nel tempio dell’arte moderna della Capitale. Anni in cui la cosiddetta «corrente Franceschini» dettava legge, anche in virtù della «pax» siglata con Nicola Zingaretti. E quale occasione migliore per sigillare il potere rendendo "autonoma" niente meno che la gestione dei biglietti del Colosseo.

 

 

Un "affare" raddoppiato in pochi anni, da 10 a 14 milioni che ha raggiunto il culmine dell’arroganza mantenendo chiusa la biglietteria «causa Covid» fino al 2023. Ticket solo on line e solo con le piattaforme indicate. L’indagine dell’Antitrust si è conclusa. Nell’attesa dell’esito delle procedure aperte dalla Guardia di Finanza e della procura va riconosciuto il coraggio del sindaco dem Roberto Gualtieri di essere riuscito se non altro a interrompere la concessione del 1997. Il servizio, dal primo febbraio 2024 è stato affidato a CNS (con l’esclusione della vecchia cooperativa che pure ne fa parte) e Midaticket Srl. Durata dell’appalto quattro anni. Pd permettendo.

 

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