
Meloni l'unica a lottare per tenere in piedi l'Ue

Mi è successo, come capita spesso, di guardare l'almanacco di ciò che avvenne: il 28 marzo del 1854 l’Impero Britannico e la Francia dichiararono guerra alla Russia. Fu la guerra di Crimea che tanto fu rilevante anche per la ventura Nazione Italiana. Sembra incredibile, ma oggi a più di un secolo di distanza siamo tornati, più o meno, nella medesima situazione. Davvero paradossale. Al termine dell'ennesimo Consiglio d’Europa dei «volonterosi», Macron, sostanzialmente, dichiara il termine dell'Ue affermando urbi et orbi la sua decisione di inviare truppe per garantire il rispetto di una tregua al momento ventura e dei confini ucraini. Una decisione unilaterale, presa con il sostegno attivo del Regno Unito (Nazione extra comunitaria) auspicando inoltre il sostegno della Turchia e della Cina (anche loro Nazioni non proprio Europee). Ma l’Europa...? L'altra Europa, la parte preponderante. Pare aver perduta la sua spinta propulsiva. Dopo che Ursula von der Leyen, grazie alla politica del riarmo, ha salvato l’industria metalmeccanica tedesca, appare essere disinteressata. Eppure parole terribili sembrano essere diventate parte del lessico comune. Armi, pace giusta, guerra. Termini oramai presenti con allarmante frequenza sui giornali, nei talk show, nelle discussioni nei bar. Non so voi, ma io comincio a preoccuparmi. Sarà per scaramanzia, sarà per gli eterni ritorni della storia, sarà per quel che sia, ma ogni volta che Francia e Inghilterra hanno fatto combutta e ogni volta che la Germania si è riarmata beh non è mai finita benissimo. Meno male che Giorgia Meloni, in mezzo alle baruffe chiozzotte che ci caratterizzano ha saputo mantenere la barra a dritta rilanciando, in splendida solitudine il ruolo dell’Onu. In realtà sta facendo di più e di questo, da destra e sinistra, dovremmo esserle grati. Giorgia Meloni sta tentando di tenere unito l’Occidente, un concetto prima ancora politico che geografico: sta tentando di tenerci in piedi in un mondo di rovine, non mi pare poco. Il problema è che appare la sola a pensarla così. Anche in Italia, mentre si stanno giocando i destini del futuro ci si perde, ci si pasce di un presente vocato al passato. Che tristezza, che bassezza, che mediocrità, che mancanza di lungimiranza. Oggi, mai come in passato, servirebbe una compattezza Nazionale, un'unità di intenti, un'unica vocazione. In fondo, però, cosa potremmo aspettarci di diverso, noi Guelfi o Ghibellini, noi Mazziniani o Cavouriani, noi Italiani, così capaci di dividerci su tutto e rimanere comunque coerenti con noi stessi (ognuno per se però). Forse questo è il tempo di un'unità che non abbiamo mai avuto: non geografica, non politica, non morale. Un’Unità Nazionale, almeno per dare forza, la nostra residuale forza ad un Europa agonizzante, viva solo nei sogni di quanti (anch'io tra loro) l’avevano sognata.
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