
L'unica soluzione per non finire nei guai è il dialogo

Quell’espressione «L’Europa si è un po’ persa» che Giorgia Meloni usa nell’intervista al Financial Times dovrebbe aprire un dibattito serio, invece di suscitare reazioni critiche buttate lì senza neanche pensarci. E dovrebbe portare a una benefica occasione di riflessione soprattutto chi crede (come che scrive) non solo alla bontà del progetto europeo nel suo complesso, ma anche alla sua necessità sotto molti punti di vista, primo fa tutti quello della navigazione il più possibile sicura nel periglioso XXIesimo secolo. Non c’è bisogno di farla tanto lunga: a certificare che l’Europa «si è un po’ persa» è un signore che risponde al nome di Mario Draghi, poiché il rapporto da lui redatto dopo alcuni mesi di lavoro altro non è che un impietoso atto d’accusa per tutto ciò che l’Europa dovrebbe essere ma si sforza di non essere, spesso imprigionata da logiche politiche e di potere sull’asse Parigi-Berlino e da una «cupola» di Bruxelles talmente lontana dalla realtà economica e sociale del continente da aver generato un obbrobrio politico chiamato «Green Deal»: uno dei più clamorosi autogol della storia economica recente.

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Allora qui non si tratta di sposare senza traccia di pensiero critico le ricette della nuova amministrazione americana, per il semplice fatto che con gli alleati si discute e, a volte, pure si litiga (si veda alla voce dazi). Qui si tratta di capire che il rapporto privilegiato con Washington è la più grande risorsa disponibile per nazioni europee, tanto gloriose quanto ormai piccole e frammentate. Mentre a Parigi si organizza una riunione con 31 partecipanti di antico lignaggio ma di peso assai relativo, la Casa Bianca va stringendo i bulloni di un rapporto privilegiato con l’India di Nerendra Modi, cioè la nazione con i più alti margini di crescita demografica, economica, militare e geopolitica dei prossimi anni: l’unica realtà planetaria in grado di impensierire la Cina nel suo teatro naturale. Come pensa l’Europa di inserirsi in queste partite, mettendo il broncio ogni volta che Trump apre bocca? Qui si tratta di capire che la gran parte dei ragionamenti del presidente francese Macron e del primo ministro inglese Starmer sugli interventi militari (con tanto di truppe dispiegate) a sostegno dell’Ucraina poggiano su fragilissime basi tecniche e politiche, per il semplice fatto che, nella condizione attuale, conducono alla guerra con la Russia. E siccome questo non lo vuole nessuno, possiamo stare certi del fatto che Macron e Starmer continueranno a parlarne senza dare seguito concreto all’invio del contingente, che, invece, prenderà la forma della assai meno ambiziosa assistenza all’addestramento. Ecco allora venire avanti l’unica opzione seriamente disponibile, quella di un dialogo improntato al pragmatismo. Basterà l’impegno di Giorgia Meloni per arrivare al risultato? Non lo so. Ma so che le altre strade conducono alla stanza dei guai.
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