Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Romano Prodi e quell'aria da primi della classe della sinistra che fa perdere le elezioni

Roberto Arditti
  • a
  • a
  • a

c'è un grande classico a sinistra: pensare che le è concesso qualcosa che per gli altri è impensabile. È certamente il caso di Romano Prodi e della sua reazione stizzita e paternalistica di fronte alla domanda di Lavinia Orefici, inviata di Nicola Porro per Quarta Repubblica, che gli sottopone un passaggio del Manifesto di Ventotene. Ora, Prodi non è più un ragazzino, ma ha certamente decennale consuetudine con i microfoni. Non può quindi agitarsi più di tanto di fronte a una giornalista che cerca sì di provocarlo, ma all’interno di un civile confronto. Prodi invece sceglie un fastidioso e arrogante tono alterato nella risposta, allungando una mano fino alla testa della Orefice: un gesto inutilmente sgarbato, un tentativo (maldestro, molto maldestro) di irritante «captatio benevolentiae»: insomma un autogol vero e proprio, figlio purissimo di una istintiva (e malriposta) idea di superiorità che non trova conferma in alcunché, salvo che nell’autoconvincimento di poter fare ciò che si vuole. Basta così? Neanche per sogno, perché c’è almeno un altro elemento palesemente inaccettabile in questa storia, cioè il silenzio assordante delle moltitudini di indignate (stavolta il femminile è d’obbligo) e indignati di solito pronti alla velocità della luce: ora invece tutti muti. Ma come, Meloni legge un passaggio del Manifesto di Ventotene e scoppia la fine del mondo, con tanto di missione speciale sull’isola, se però un due volte Presidente del Consiglio fa il villano con una giornalista tutti si girano dall’altra parte? Spettacolo indecoroso, c’è poco da aggiungere. D’altronde questa storia è ampiamente associabile ad un’altra, cioè la decisione del sindaco di Roma di finanziare la manifestazione per l’Europa dell’altra settimana. Anche qui: la spiegazione è una ed una sola: molti a sinistra pensano di poter fare cose solo a loro consentite. Voglio essere più chiaro però. Non mi interessa minimamente l’esistenza eventuale di profili illeciti, peraltro di competenza degli organismi di controllo (Corte dei conti): qui c’è una questione di opportunità grande come una casa. La manifestazione di Piazza del Popolo è stata a tutti gli effetti una manifestazione politica. Del tutto legittima, anzi utile ad animare un sano dibattito di voci contrapposte, persino capace di stimolare reazioni interessanti anche tra chi la pensa diversamente dai promotori, Michele Serra in testa. Ma proprio per questo non deve essere finanziata con soldi pubblici, perché questi ultimi servono per iniziative di carattere istituzionale, non c’è discussione su questo. Ma se prendi una manifestazione politica e ti adoperi per farla sembrare un evento istituzionale stai generando un mostriciattolo inguardabile, anch’esso derivata esplicita di una concezione alla «Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo» che ci fa sorridere solo perché ci ricorda quel gigante di Alberto Sordi. La smettano una volta per tutte a sinistra con questa «arietta» da primi della classe: di solito fa anche perdere le elezioni.
 

Dai blog