
I tre punti centrali dall'Ucraina alla sicurezza Ue

I fatti hanno la testa più dura delle chiacchiere (ed è un gran bene). Ragione per cui le discussioni in corso in Italia svolgono il loro ruolo di animare il dibattito politico (tra maggioranza e opposizione, si veda il caso Ventotene, ma anche dentro l’opposizione, basta ricordare il voto a Strasburgo che spacca a metà la delegazione del PD e, infine, persino all’interno della maggioranza, come si vede bene dai diversi toni nelle parole di Salvini, Tajani e Crosetto), ma poi finiscono per incidere relativamente nei passaggi che contano. Ecco perché l’esercizio di sintesi sulla posizione italiana è ampiamente fattibile ed anzi auspicabile, visto che Giorgia Meloni sarà al summit europeo di giovedì a Parigi, voluto da Macron per provare a "stringere" sui progetti in favore dell’Ucraina e per accelerare in tema di Difesa Europea.
Vediamo di fissare allora i tre punti essenziali, tutti densi di ricadute concrete. Primo: l’Italia non si schiera con il fronte un po’ infantile che cerca di dipingere l’America di Trump come il nuovo nemico, un fronte che ha in mente, più che altro, il tentativo (maldestro) di recuperare consensi in patria nell’elettorato liberal e di sinistra. L’Italia ha quindi l’occasione giusta per ribadire che ogni sforzo di sintesi europea va inquadrato nel rapporto "speciale" tra le sponde dell’Atlantico, un rapporto che poi dovrà tradursi in trattative anche dure in materia di dazi, investimenti, regole per le imprese del web. Poi c’è l’Ucraina, dossier delicatissimo ma che presenta anch’esso uno spazio politico assai interessante per Meloni e il suo governo (fa bene Tajani a ricordare che dev’essere unica la linea di politica estera).
Qui l’Italia deve tenere un punto preciso: certo che si aiuta l’Ucraina di Zelensky, ma non può essere la guerra all’infinito la prospettiva del mondo. E siccome la pace si fa tra contendenti, non può che essere la Russia a sedersi dall’altro lato del tavolo. Quindi tutti i discorsi all’insegna del motto ridicolo «Putin è un dittatore, con i dittatori non si parla» vanno cestinati. Ma siccome quel tavolo di trattativa richiede forza contrattuale bruta, solo ragazzini capricciosi possono lamentarsi del fatto che ci vanno gli americani, cioè gli unici a disporre di strumenti militari tali da esercitare pressione reale. Adesso arriviamo al terzo punto, quello della Difesa Europea, con tanto di annessi "spaziali" (si veda alla voce Elon Musk). In giro per l’Europa ci sono idee stravaganti. Ci ha messo una parola di saggezza il ministro Crosetto ricordando che ogni ipotesi di nuova organizzazione militare in Europa deve replicare il modello NATO, per il semplice fatto che è l’unico realisticamente applicabile. Questo si può fare, mentre l’esercito europeo è una pura follia, anche perché nessuno è in grado di rispondere alla domanda di chi lo comanda, a meno che qualcuno pensi (sto scherzando, sia chiaro) di nominare Comandante in Capo Ursula von der Leyen.
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