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Il manifesto di Ventotene e l'unica Europa di cui c'è davvero bisogno

Daniele Franz
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Oggi, nel 1919 Benito Mussolini fondò a Milano, in piazza San Sepolcro, i fasci italiani di combattimento. Nessuna celebrazione ci mancherebbe bensì solo una notizia di cronaca storica. Qualcuno potrebbe obbiettare “prendiamo atto, ma che attinenza ha con l'oggi se non quella di mantenere vigile la memoria per evitare una possibile, per quanto improbabile, ripetizione”.

 

L'obiezione sarebbe assolutamente lecita e condivisibile se non fossimo in Italia, quell’adorabile Paese in cui il passato non passa mai e le dispute politiche, non nelle migliaia di Bar Sport, ma nelle aule parlamentari e nei programmi di approfondimento televisivi, sono saldamente ancorate agli anni centrali del ventesimo secolo. In questi giorni tiene banco il feroce dibattito sul “Manifesto di Ventotene” così chiamato perché scritto da due reclusi nell'isola carcere omonima nel 1941. Un dibattito iniziato a metà settimana nel corso di una seduta della Camera dei Deputati relativa al piano di riarmo europeo. Non mi soffermerò sul Manifesto in sé, così come non mi soffermerei sulla Carta del Carnaro del 1920 o sui 18 punti di Verona e relativa bozza costituzionale del 1943 (mi permetto solo di constatare che, senza alcun tipo di comparazione né tanto meno di equiparazione, si scriveva un sacco in quegli anni) bensì su un altro aspetto ben più attuale, anche se consiglio, a chiunque ne abbia voglia, di leggere il Manifesto di Rossi e Spinelli pubblicato dal Senato della Repubblica per volontà dell’allora presidente Grasso nel 2017 e reperibile sul sito della Camera Alta.

 

L'aspetto su cui mi preme soffermarmi è l'Europa o meglio l'europeismo. A cominciare da chi scrive siamo tutti europeisti, lo sono coloro i quali hanno preso parte, volontariamente o meno, alla manifestazione di Michele Serra, lo sono quelli che non vi hanno aderito, magari non tutti ma sicuramente la stragrande maggioranza, lo sono gli euro scettici e gli euro critici (altrimenti non si chiamerebbero così): insomma sul fatto che siamo europeisti non ci piove. Il problema, non da poco mi permetto di chiosare, sta nel fatto che tutto finisce qui: nessuno dice, neppure allude, che Europa vorrebbe, a quale modello di Europa si debba tendere quale Europa tentare di edificare. È bastato un documento, per quanto rilevante, del 1941 a scoperchiare la pentola. Forse qualcuno sogna il Sacro Romano Impero, qualcuno gli Stati Uniti d'Europa, qualcun altro l'Unione delle Repubbliche socialiste d'Europa o forse la Confederazione Europea o ancora l'Europa Nazione oppure un’Europa caput mundi. Personalmente l'unica Europa che non voglio è quella attuale e vagheggio un’Europa a trazione mediterranea. Questo fa di me un antieuropeista? Credo di no, ciò che so è che spesso giova tornare da dove si è partiti.
Si vales, bene est: ego valeo.

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