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Follower o cittadini? La democrazia ai tempi delle big tech

Luigi Tivelli
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Big State, big tech, large algorithm, small citizen. Sembra questa la sintesi della condizione della vita democratica in questa fase. La democrazia e il senso della cittadinanza, infatti, non se la passano molto bene in tante aree dell'occidente. I cittadini sono sotto troppi aspetti oberati dal troppo stato e dal peso del settore pubblico, condizionati nella loro vita dall'azione delle big tech e delle grandi società del web, e irretiti dagli enormi effetti sulla vita quotidiana del gioco degli algoritmi. Tutti fattori che debilitano e abbattono il senso della cittadinanza.

 

Oltre che ad incidere pesantemente nella vita delle nostre democrazie. Essendo poi tali fattori messi nello shaker del diffuso populismo a destra come a sinistra il cocktail che viene propinata ai cittadini rischia di essere letale... Non è un caso che, ad esempio, in Italia vadano a votare meno del 50% degli aventi diritto. I cittadini logorati dagli effetti dei sopraindicati fattori avvertono in più lo scarso peso dei Parlamenti e delle istituzioni rappresentative. Finendo per essere ancora meno orientati ad imbracciare quello "scettro" che ad essi spetterebbe come veri principi accreditati in una democrazia. Non si vede rispetto a tutto questo alcune vera reazione, mentre proprio perché troppi soggetti "large" e "big" pesano sulle nostre teste ci sarebbe bisogno, invece, di una "big", anzi "great" citizenship. Di una vera cittadinanza attiva, visto che il senso della cittadinanza per fortuna non si esaurisce nell'esercizio del diritto di voto, ma nell'essere cittadini tutti i giorni, rispetto alle istituzioni, alle amministrazioni, ai servizi pubblici, alla troppa invasione del settore pubblico.

 

Eppure, nessuno fa leva su quel necessario empowerment (rafforzamento) del senso della cittadinanza. Nessuno fa niente per lucidare gli strumenti arrugginiti delle funzioni democratiche che stanno nelle mani dei cittadini. Nessuno tra le forze politiche in Italia sembra avere interesse al risveglio di una cittadinanza attiva. Una cittadinanza non ipotecata e teleguidata quotidianamente da algoritmi, sistemi di sorveglianza e socialmedia che ci pilotano già tramite i nostri telefoni cellulari. Nessuno, infine, aiuta realmente il cittadino a difendersi rispetto agli effetti negativi del predominio dei social. Anzi sembra che alle forze politiche faccio comodo non poco il fatto che il corpo elettorale si sia ridotto della metà. Tanto a loro interessa spartirsi il potere sulla base delle percentuali dei voti. E sembra che meno sia la quantità più comoda è la loro navigazione. Certo senza cittadini attivi, reattivi, accorti e responsabili il degrado della vita pubblica e democratica, e della stessa vita economico-sociale non può che aggravarsi. Il quesito di fondo a questo punto è il seguente: siamo follower o cittadini?
 

 

 

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