
Il Covid, i vaccini e ora pure i figli sottratti. Paragone: quella stagione dolorosa che non sappiamo superare

Mentre in Europa si torna a parlare del «miracoloso approvvigionamento» di vaccini e del ruolo svolto dalla Commissione come centrale unica di acquisto, in Italia sui vaccini non si fermano le ricadute di quella che fu una stagione caratterizzata da profonde lacerazioni e divisioni. Il vaccino come arma per sconfiggere il virus (per questo vorrebbero replicare lo schema della centrale unica sotto la VDL) ma anche- indirettamente - come arma impropria deflagrata nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nei rapporti tra le persone.
L’altro giorno ho letto di una storia che vorrei riprendere perché è esemplificativa dei cortocircuiti in essere. Storie che riguardano cittadini cui è stata appicciata l’etichetta di «no vax» per denigrare, isolare, offendere. No vax come persone cui togliere diritti e credibilità.
In passato mi ero già occupato di posti di lavoro persi, di licenziamenti subiti perché «mi ero opposto all’obbligo vaccinale», ma anche per fortuna di reintegri ordinati da giudici del lavoro che, a distanza di tempo, hanno trovato quelle «espulsioni» estranee al diritto del lavoro.
Una strana torsione è accaduta anche nella storia che brevemente qui riporto. La storia di un padre separato con due figli all’epoca minori, un padre che non voleva che i figli adolescenti fossero costretti a vaccinarsi per tornare a praticare sport o vivere le loro vite di ragazzi.
La madre però non era d’accordo; lei al vaccino ci credeva a tal punto da non accettare il confronto con l’ex marito, impaurito dalla morte della giovane Camilla Canepa subito dopo la vaccinazione.
La coppia, già separata, torna così davanti al giudice perché stabilisse a chi dei due spettasse la decisione finale sulle vaccinazioni. Vince la madre. Perde il padre no vax; al quale tolgono pure l’affido dei figli minori. Dopo quella decisione accadono altre vicende per le quali il padre torna a bussare al giudice, stavolta quello dell’appello. Decisione finale? Nemmeno la madre era così «strutturata» da poter decidere da sola sull’educazione dei figli (uno dei quali nel frattempo è diventato maggiorenne) quindi... tolgono pure a lei l’affido per assegnarli ai Servizi Sociali. Non solo: affido ai Servizi ma allocazione a casa della madre (di fatto neutralizzando la decisione dell’appello).
La peggiore delle decisioni possibili: i figli fuori dal contesto famigliare, fuori formalmente dal controllo dei genitori e soggetti controllati da funzionari dell’ufficio, i quali sempre funzionari restano.
Insomma un pasticcio che somma le criticità legate all’affido dei minori in casi di separazione e divorzio dei genitori, l’inadeguatezza crescente dei Servizi Sociali rispetto all’adolescenza, e gli strascichi dei contrasti coi cosiddetti no vax, la cui resistenza ha posto e sta ponendo diverse questioni di diritto ai giudici italiani (pure all’estero), una specie di stress test dei diritti quando l’ordinario cede il passo allo straordinario.
La storia che vi abbiamo raccontato è una delle tante che emergono dai tribunali italiani, che impattano sul diritto di famiglia come sui diritti dei lavoratori e ancor più rispetto alle doglianze di chi si fidò dello Stato, si vaccinò e ora lamenta dolori che prima non aveva: perché costoro non hanno diritto a esami gratuiti? Perché si devono pagare costosi accertamenti e quand’anche si sentono dire che effettivamente qualche correlazione con il vaccino ci può essere, questo possibile nesso esiziale non finisce nero su bianco?
Ricordare la dolorosa stagione del Covid significa anche passare attraverso questi tornanti dolorosi.
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