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Pd, la gelida corrente dalla Groenlandia al Nazareno

Roberto Arditti
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Una corrente gelida scende dalla Groenlandia, passa per Bruxelles, per la Lombardia e per l’Emilia Romagna e finisce la sua corsa a Roma, largo del Nazareno, sede nazionale del Partito Democratico, portando tempesta sino all’ufficio del segretario Elly Schlein. Questa la sintesi di una giornata molto difficile per la sinistra italiana, giornata che comincia però a Nuuk, capitale della regione autonoma della più grande isola non continentale del mondo, dove le due forze politiche più favorevoli all’indipendenza (dalla Danimarca) e tutt’altro che ostili alle "sirene” di Donald Trump portano a casa una vittoria elettorale poderosa a dispetto dei partiti di governo, socialisti in testa. Insomma anche nel regno del grande freddo la ricetta "Green" viene massacrata dagli elettori (la misura più contestata in campagna elettorale sono draconiani limiti alla pesca), che scelgono programmi identitarie e di orgoglio nazionale.

 

 

È però a Bruxelles che la giornata cupa, iniziata molto più a nord, diventa un incubo, perché sul voto in materia di difesa europea la delegazione italiana del PD si spacca in due come una mela, con dieci voti a favore della "linea von der Leyen" e undici astensioni (il massimo ottenuto dal capo delegazione Zingaretti, molti volevano votare NO). Ma chi sono i dieci che hanno votato “contro” il segretario del loro partito? Ci sono nomi eccellenti, anzi direi di primo livello. Votano a favore della risoluzione due lombardi di peso come Pierfrancesco Maran (milanese da 45.000 preferenze) e Giorgio Gori (per dieci anni sindaco di Bergamo) e lo stesso fanno l’ex Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini e la sua "storica" vice Elisabetta Gualmini. Ma in dissenso da Elly Schlein ci sono anche figure di peso al sud, come Pina Picerno (Vice Presidente del Parlamento Europeo) e Antonio Decaro (per dieci anni sindaco di Bari nonché verosimile prossimo candidato alla presidenza della regione Puglia).

 

 

Insomma Schlein porta a casa un risultato disastroso, perché litiga con i socialisti europei che invece sostengo la Presidente dell’Unione Europea, mette a nudo la frattura clamorosa all’interno della sua delegazione e, ciliegina sulla torta, nemmeno si trova d’accordo con Giuseppe Conte, che sceglie la via (oggettivamente più nitida politicamente) del voto contrario. La verità ormai evidente è che nel PD sta svanendo ogni timore reverenziale verso il segretario, che per una breve stagione è parsa in grado di reggere il confronto con Giorgia Meloni. Oggi, ad eccezione dei fedelissimi, non c’è quasi più nessuno che nel partito dice che Schlein è la figura giusta per riportarli al governo, al massimo le riconosco la vocazione perdere con un qualche stile. Ad alcuni può bastare, forse. Di certo non a chi s’è abituato bene, nella stanza dei bottoni.

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