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Delmastro, dimissioni o no resta un tema solo politico

Roberto Arditti
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Ora vediamo se la condanna a otto mesi in primo grado del sottosegretario Delmastro consente all'Italia di fare un passo in avanti verso la civiltà giuridica e la decenza politica. Per capirci meglio dobbiamo partire da un punto fermo: questa condanna per rivelazione del segreto d’ufficio non è una buona notizia né per il sottosegretario medesimo né per il governo, in omaggio alla semplice (ma robusta) considerazione secondo cui una condanna è peggio di un’assoluzione. Dopodiché dobbiamo tenere conto di almeno due elementi ulteriori per giungere a qualche conclusione.

 

 

Il primo è che la condanna non riguarda accadimenti tali da procurare vantaggi economici o di altra natura al sottosegretario medesimo: questo è importante perché se fossimo di fronte ad una condanna per corruzione o reati simili, ragioneremmo diversamente. Il secondo elemento da valutare è il fatto che la condanna avviene per decisione del Tribunale mentre, nella stessa giornata della sentenza, la Procura della Repubblica di Roma chiede l’assoluzione. Il che indica, nel sacro rispetto dei ruoli, un differente punto di vista tra chi ha fatto l’inchiesta e chi ha deciso in ordine al capo di imputazione. Siccome adesso si va scatenando l’opposizione, che chiede a gran voce le dimissioni del sottosegretario, è necessario mettere le cose al loro posto, affinché anche questa vicenda serva qualcosa. Allora vorrei essere chiaro: le dimissioni di Delmastro sono un tema squisitamente politico, che deve essere valutato dal governo e dalla maggioranza, con riferimento particolare al ministro Nordio e al Presidente del Consiglio Meloni. Ma il ministro della Giustizia si è già espresso, dicendo parole chiare di contrarietà alle dimissioni, rinnovando piena fiducia nel sottosegretario. Siccome Nordio sa quello che fa, è evidente che se parla in questi termini è perché si è consultato con il premier, quindi possiamo dare per chiara la posizione del governo e della maggioranza sulla vicenda.

 

 

Alla luce di questo il tema politico si chiude, poiché non esistono motivi di legge per arrivare alle dimissioni. Siccome poi la storia italiana in tema di condanne che poi diventano assoluzioni nei gradi di giudizio successivi è lunga e complessa, consiglio all'opposizione di non caricare di particolari significato questa vicenda. Certo, Delmastro deve sapere che d’ora in poi gli verrà rinfacciata in ogni sede possibile questa condanna dai suoi avversari. Sarebbe però un grande passo avanti (a tutela di tutti) considerare decisiva ai fini della permanenza al governo solo la condanna definitiva, soprattutto quando non ci sono in ballo quattrini. Renderebbe il dibattito capace di stare «fuori» dalle aule di tribunale, dove si amministra la giustizia e non si fa politica. E adesso «godiamoci» qualche giorno di polemiche, diciamo per tutto il fine settimana. Tutta roba che non serve a nessuno e che non sposta un voto.

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