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Governo, con Meloni l'Italia può diventare un “peso massimo”

Roberto Arditti
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Giorgia Meloni è andata a Parigi con il broncio (politico): difficile darle torto. Anche perché non solo è sostanzialmente impossibile capire qual è il risultato concreto del summit, ma si è resa plastica nelle ventiquattr’ore successive la distanza siderale con il tavolo di Riad, dove americani e russi, seduti insieme ai sauditi, dicono al mondo: qui si decide (e là si chiacchiera). Ripartiamo dal broncio, perché è proprio da lì che si può mettere in campo una nuova strategia. Meloni è alla guida del governo più solido d’Europa (tra i grandi), dispone di un partito al 30% dei consensi, è una giovane donna di destra mentre il vento soffia da quella parte un po’ in tutto il mondo, gode di un rapporto privilegiato con il nuovo inquilino della Casa Bianca (ed anche con Mister Tesla, cioè Mister Space X, cioè Mister X, cioè Mister Starlink: scusate se è poco). Insomma è nelle condizioni ideali per giocare da protagonista, pur con i limiti di un Paese, cioè l’Italia, apprezzato nel mondo per vari motivi ma non considerato “peso massimo” quando si discute delle questioni più serie (AI, petrolio, gas, terre rare, armi nucleari, spazio, big data). Quindi cosa può fare?

 

 

Moltissimo direi, scegliendo una linea da europea orgogliosa di esserlo, ma che vede negli Stati Uniti il proprio punto di riferimento, che indica nel sostegno a Israele ed alla filiera degli accordi di Abramo la giusta strada per assestare il Medio Oriente, che accetta il dialogo con la Cina senza fingere di non vederne le manovre egemoniche, che considera la NATO ambito prezioso su cui riversare progetti e risorse economiche, che interpreta il “Piano Mattei” come una ripresa di protagonismo nell’ambiente che ci è più consono, cioè il Mediterraneo e il nord dell’Africa. Bruxelles è casa nostra, quindi Ursula von der Leyen non è la maestrina della penna rossa: il suo potere deriva dai governi, non li sovrasta. La BCE opera in regime di autonomia come è giusto, ma autonomia non significa potere assoluto: i governi sono l’espressione dei cittadini, i banchieri centrali sono al servizio della democrazia e i loro poteri non discendono da Dio.

 

 

Insomma Meloni può scegliere (ed anzi accentuare) una linea di autonoma e responsabile azione, che non è affatto tradimento del concerto europeo, bensì raffinata e solida presenza dove siamo in grado di giocare da protagonisti: in Libia, in Etiopia, ma anche dove operano forti campioni nazionali come l’ENI. Il tutto in raccordo con gli americani guardando all’interesse europeo mai, dico mai, disgiunto da quello nazionale. Si può fare? Direi di sì, ma non solo per le mutate condizioni politiche. Si può fare anche perché l’ombrello americano può giocare un ruolo sul giudizio che i mercati finanziari danno delle nostre finanze pubbliche, da sempre nostro tallone d’Achille (vero o presunto). In soldoni: la “minaccia” franco-tedesca (Merkel e Sarkozy, Bruxelles, 2011) oggi è molto, ma proprio molto, meno credibile.

 

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