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Cerno: quel video di Ramy cambia poco

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Tommaso Cerno
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Non sorprende nessuno che il nuovo video sull’inseguimento di Ramy susciti la solita indignazione. Tutti noi, dal salotto di casa, vorremmo il mondo più giusto e pulito, la polizia con i guanti bianchi in stile ispettore Barnaby, che chiede il permesso per entrare nel rifugio di un boss mafioso e si rivolge con il «lei» a chi gli punta una pistola contro. Ma la realtà dell’Italia va vista dal volante di quella pattuglia mentre un presunto criminale che non si è fermato all’alt sta fuggendo dai controlli. La classica scena che negli Stati Uniti finisce con un colpo di pistola.

 

 

L’unica certezza che abbiamo è che, come al solito, le forze dell’ordine saranno messe alla berlina, gli agenti saranno indagati, ascoltati, sviscerati fino all’ultima virgola da audio e video. E se sono andati contro un qualunque cavillo di legge saranno condannati. Non c’è un briciolo di questa certezza per quanto riguarda il mondo della criminalità diffusa, quella che qualcuno chiama micro ma micro non è e che sottopone ogni giorno migliaia di poliziotti e carabinieri a un rischio, a decisioni da assumere in pochi istanti, quando sono loro ad essere sul campo e non chi gli fa la morale.

 

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