Il coraggio di Giorgia Meloni nel fare “all in”
Il viaggio lampo di Giorgia Meloni può essere criticato o apprezzato, ma su un punto si deve convenire: è la scelta di un Primo Ministro che si carica sulle spalle l’intero peso politico di una vicenda intricata, anzi, per dirla tutta, molto più complessa di quanto possa apparire ad una prima lettura. Cominciamo dalla vicenda, poi arriviamo al premier. Nessuno pensi che qui tutto si gioca sull’ingegnere arrestato a Malpensa da scambiare (vorrebbe l’Iran) con Cecilia Sala rapita a Teheran. Certo, questo è il primo livello della partita. Ma ve ne sono almeno due assai più delicati e potenzialmente esplosivi. Il primo è che il regime iraniano sa perfettamente che sono pronti i piani di attacco ai suoi nodi strategici, nucleari e petroliferi innanzitutto. Israele sa dove e come colpire, anche perché le difese iraniane sono seriamente compromesse: quindi il momento è militarmente il più adatto. Questo attacco, che vedrebbe gran parte del mondo islamico favorevole o indifferente, è "sul tavolo", ma non accadrà prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.
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Il secondo è che le grandi potenze ostili all’Occidente (Cina e Russia in testa) seguono anche i sussurri di una vicenda che ormai ha rilevanza planetaria, perché contiene tutti gli elementi per capire il tasso di resilienza delle democrazie di fronte a strumenti di guerra ibrida (questo è il rapimento della Sala) messi in campo in risposta al fermo di due tecnici (l’altro è stato arrestato in Massachusetts) che l’Iran deve cercare di difendere a tutti i costi. Reggono, se messe seriamente sotto stress, queste democrazie o mollano il colpo? Questa è la domanda vera.
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In tutto ciò, Meloni parte e va da Trump in Florida rompendo tutti gli schemi, perché il Presidente in carica non è lui. Va contro il consiglio che molti le hanno probabilmente proposto, cioè quello di tenersi (per quanto possibile) a distanza di sicurezza dalla vicenda, mandando avanti ministri, diplomatici, servizi segreti. Va esponendosi ad un rischio enorme, cioè quello di sentirsi dire a vita «sei andata fin là e non è successo niente». È chiaro che il fronte americano non può che apprezzare questo coraggio (perché non c’è altro modo per definirlo), ricordiamoci però che Trump (e con lui Elon Musk) tutto è tranne che uno sdolcinato sentimentale. Quindi Meloni può trovare una soluzione (forse) con il nuovo inquilino della Casa Bianca, ma essa non può che contenere partite e contropartite su vari fronti: in ballo c’è anche un rapporto con l’Europa della nuova amministrazione che è tutto da inventare (e qui il premier italiano serve eccome). Giorgia Meloni decide di fare «All In», si direbbe al tavolo del poker. Ma questa, tutto sommato, è una partita di poker. E non è un gioco.