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Islamismo, dice il proverbio Terrore a Capodanno...
Come un avvertimento, un presagio, ci avevano colpiti a Natale. Nel mercatino simbolo della nostra festa ormai secolarizzata. Ma come la macabra variante di un detto popolare, «chi uccide a Capodanno uccide tutto l’anno». E questo perché, sebbene lontani all’apparenza, l’attentato di New Orleans, i suoi morti e le decine di feriti sotto i colpi di tale Shamsud Din Jabbar, immobiliarista ed ex militare di seconda generazione trasformatosi in lupo solitario grazie alla ricarica di fanatismo della new generation, e i sei accoltellati di Rimini sotto i colpi di un egiziano sono facce della stessa guerra alla democrazia che la cultura islamista sta combattendo in Occidente.
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Forte delle nostre debolezze, ha trasformato la parola integrazione in un sinonimo di soggezione e risponde con la violenza al modello liberale che, per natura e Costituzione, afferma di ripudiarla. Il 2025 sarà dunque l’anno della grande scelta: pronunciare un forte «No» alla proliferazione di comunità islamiche che si comportano come cellule avulse dal sistema Stato, e lo affermano pure, considerando le nostre leggi assoggettate a Maometto e alla sharia. E non venitemi a parlare di Islam moderato, perché è stato il primo ad assoggettarsi ai fanatici di Allah.