Stipendi dei ministri, il qualunquismo della polemica
Il miglior servizio che la destra di governo può fare alla Repubblica è liberarla dalla dose mortale di qualunquismo in cui è precipitata da un decennio (almeno) a questa parte. In tal senso l’equiparazione dello stipendio dei ministri a quello dei parlamentari è talmente logico (e banale) che il solo fatto di doverne discutere è segno indubitabile dell’abisso in cui siamo finiti, ma da cui dobbiamo «risorgere» quanto prima. Attenzione però, non tutte le battaglie sul ceto politico sono fuori luogo. Ad esempio il Parlamento a 600 membri anziché 945 non solo è cosa buona ma finisce anche per funzionare in modo più corretto, perché vi sono minori possibilità d’imboscarsi nel gruppo misto e saltar fuori nei momenti decisivi, tipo fiducia ai governi.
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Quanto agli stipendi, solo con dosi massicce di malafede si può sostenere che un «lavoraccio» come quello del ministro deve essere pagato metà di quello di un deputato o senatore. Il ministro guida un’amministrazione complessa, vive sotto i riflettori di social e media tradizionali, risponde a portatori d’interesse agguerriti e affiancati da imponenti strutture di consulenza. Lavora sette giorni su sette e spesso deve considerare anche l’attività politica. È dunque un martire? Neanche per sogno, fare il ministro significa anche avere discreti privilegi, pur se «avvelenati» dalla pressoché totale scomparsa della privacy. E poi occorre porre fine alla ridicola situazione in cui oggi si trovano vari membri del governo: guadagnano molto meno delle figure di vertice dei loro staff.
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Allora diciamo basta a queste fesserie un tanto al chilo. Rimettiamo al centro della vita nazionale il valore «vero» dei mestieri di massima responsabilità istituzionale e facciamolo con serietà a un minimo di coraggio. Qualcuno mi sa spiegare perché i ministri dell’Interno, dell'Istruzione e della Difesa (non parlamentari) devono guadagnare poco più di 100.000 euro e il governatore della Banca d’Italia 480.000 (lordi)? Quindi la maggioranza vada avanti dritta come un treno. E all’opposizione scelgano la strada della serietà. La faccia Giuseppe Conte, che è stato a Palazzo Chigi. Lo faccia Elly Schlein che è il volto nuovo della sinistra. Lo faccia Carlo Calenda, spinto da istinti liberali. Non vogliamo governi al ribasso, vogliamo gente di prim’ordine e ben pagata. Come è giusto che sia.