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Stipendi dei ministri, il qualunquismo della polemica

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Roberto Arditti
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Il miglior servizio che la destra di governo può fare alla Repubblica è liberarla dalla dose mortale di qualunquismo in cui è precipitata da un decennio (almeno) a questa parte. In tal senso l’equiparazione dello stipendio dei ministri a quello dei parlamentari è talmente logico (e banale) che il solo fatto di doverne discutere è segno indubitabile dell’abisso in cui siamo finiti, ma da cui dobbiamo «risorgere» quanto prima. Attenzione però, non tutte le battaglie sul ceto politico sono fuori luogo. Ad esempio il Parlamento a 600 membri anziché 945 non solo è cosa buona ma finisce anche per funzionare in modo più corretto, perché vi sono minori possibilità d’imboscarsi nel gruppo misto e saltar fuori nei momenti decisivi, tipo fiducia ai governi.

 

 

 

Quanto agli stipendi, solo con dosi massicce di malafede si può sostenere che un «lavoraccio» come quello del ministro deve essere pagato metà di quello di un deputato o senatore. Il ministro guida un’amministrazione complessa, vive sotto i riflettori di social e media tradizionali, risponde a portatori d’interesse agguerriti e affiancati da imponenti strutture di consulenza. Lavora sette giorni su sette e spesso deve considerare anche l’attività politica. È dunque un martire? Neanche per sogno, fare il ministro significa anche avere discreti privilegi, pur se «avvelenati» dalla pressoché totale scomparsa della privacy. E poi occorre porre fine alla ridicola situazione in cui oggi si trovano vari membri del governo: guadagnano molto meno delle figure di vertice dei loro staff.

 

 

Allora diciamo basta a queste fesserie un tanto al chilo. Rimettiamo al centro della vita nazionale il valore «vero» dei mestieri di massima responsabilità istituzionale e facciamolo con serietà a un minimo di coraggio. Qualcuno mi sa spiegare perché i ministri dell’Interno, dell'Istruzione e della Difesa (non parlamentari) devono guadagnare poco più di 100.000 euro e il governatore della Banca d’Italia 480.000 (lordi)? Quindi la maggioranza vada avanti dritta come un treno. E all’opposizione scelgano la strada della serietà. La faccia Giuseppe Conte, che è stato a Palazzo Chigi. Lo faccia Elly Schlein che è il volto nuovo della sinistra. Lo faccia Carlo Calenda, spinto da istinti liberali. Non vogliamo governi al ribasso, vogliamo gente di prim’ordine e ben pagata. Come è giusto che sia.

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