l’editoriale di Cerno

Cerno: due o tre cose che (non) so dei moderati

Tommaso Cerno

Prima o poi ci toccherà prendere atto che l’Italia è il Paese, più che dei moderati, dell’estremismo moderato. Esiste intorno a questa parola, fin dal 1994, una contesa perfino più aspra fra i poli della destra e della sinistra. Basta vedere quanti sono i titolari di questa parola nella politica di oggi. Tanto coloro che hanno come riferimento l’area di governo, quanto quelli che scommettono sull’alternanza. Non uso il termine opposizione perché non ho mai ritenuto la Democrazia Cristiana un partito moderato. La sua forza era il primato del governo, talmente centrale nella sua costituzione materiale e politica da consentirle la sintesi di destra e sinistra al proprio interno, fino al cavallo di Troia che Bettino Craxi portò dentro le mura invalicabili dello scudo crociato. Il Tempo racconta da mesi le grandi manovre dei centristi, anche se la vera domanda a cui politologi, politicanti, politici e statisti non sono in grado di dare una risposta certa è la seguente: i cosiddetti moderati che ancora non hanno scelto un simbolo da votare faranno prevalere la componente centrista dell’ex Dc, scegliendo una nuova casa, o quella governista, scegliendo il leader più forte nella coalizione?