Israele, dalla CPI il miglior regalo ad Hamas: un tragico capolavoro
Ci sono due categorie di sostenitori della bontà della decisione della Corte Penale Internazionale di chiedere arresto per il Primo Ministro d’Israele Benjamin Netanyahu: i romantici sognatori di un diritto internazionale in grado di pacificare il mondo e i cinici calcolatori della bontà di questo strumento per mettere in ginocchio l’Occidente con le sue stesse armi. Dovendo scegliere preferisco di gran lunga i secondi, perché sono nemici dichiarati e volontari, mentre i primi lo sono ma in modo più subdolo e obliquo. La prova di tutto ciò si ottiene attraverso un semplice ragionamento, che altro non è se non l’applicazione (a un anno di distanza dal 7 ottobre) della volontà di potenza e distruzione messa in atto da Hamas, con appoggio Hezbollah nel sud del Libano e a Teheran.
Sospetti di antisemitismo dietro il mandato arresto per Netanyahu e Gallant
Hamas attacca Israele con un atto di guerra allo stato puro (il terrorismo è tutt’altra cosa), ben sapendo che avrebbe così provocato una reazione durissima. Tutti i capi militari e politici mettono nel conto di rimetterci la vita, ma sanno anche che proprio la risposta israeliana non può che produrre un’ondata di avversione verso Gerusalemme, puntualmente cavalcata dalle mille e mille terminazioni di odio verso gli Ebrei e l’Occidente che pullulano in Europa e in Nord America. Il primo effetto di questa reazione all’interno d’Israele è certamente di orgoglio, subito seguito da un sentimento di angoscia e isolamento, proprio quello che parlando con persone che vivono tra l’Italia e Tel Aviv (l’ho fatto in queste ore) emerge con assoluta chiarezza. Israele è un pezzo di Occidente in mezzo al Medio Oriente, la gente che ci vive considera casa Roma, Parigi, Amsterdam, Londra, New York. Vedendo cosa succede da noi (e leggendo sui social), quei pochi milioni di persone che vivono con intorno alcune centinaia di milioni di mussulmani, si mettono inevitabilmente sulla difensiva. Sentendosi minacciati gli israeliani guardano al mondo per capire chi è dalla loro parte. E se leggono che un giudice vuole arrestare il capo del governo, reagiscono nell’unico modo possibile, cioè dicendosi gli uni con gli altri che ancora una volta nessuno li aiuterà, dovranno cavarsela da soli.
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E come si fa a cavarsela da soli, nel mondo brutale ed agguerrito del Medio Oriente? Usando la forza, in modo totale e senza sconti, scegliendo la sopravvivenza oggi alla progettualità di domani. Ecco la chiusura del cerchio: la guerra mossa da Hamas il 7 ottobre unita alla scellerata ambizione della Corte Penale Internazionale rendono Israele costretta a una progressiva chiusura verso ogni forma di dialogo e mediazione. L’Onu diventa un nemico, l’Ue un mezzo nemico, persino gli eventi sportivi diventano pericolosi. Non so se l’hanno fatto di proposito, ma la decisione della Corte è il miglior regalo geo-politico ad Hamas che si potesse inventare. Un tragico capolavoro.