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Regionali 2024, due lezioni dal verdetto delle urne

Tommaso Cerno
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Non erano Swing States. L’Emilia perché è il feudo rosso per eccellenza, l’Umbria perché l’eccezione era capitata nelle scorse elezioni, quando la Lega di Salvini veleggiava a ben altre percentuali. Ma la vittoria del centrosinistra ci dice due cose: la prima è che non deve festeggiare solo il Pd (perché Conte ha poco da brindare), né solo la coppia vincente Michele De Pascale e Stefania Proietti. Deve festeggiare anche il centrodestra in un certo senso: i progressisti hanno fatto progressi,riassaporando la democrazia, la stessa che ha gustato Bucci in Liguria e Trump in America, la regola delle urne, benché semivuote.

La regola che ci dice dove è il luogo della contesa, dove nasce la delega del popolo a chi lo governa. Era da troppo tempo che, a parti invertite, sembrava che la democrazia funzionasse a senso unico.

 

Che ci fossero una classe politica «giusta» e una «sbagliata» e, perfino peggio, cittadini che votavano bene e altri male, che sbagliavano, che non capivano, che non meritavano di godere a pieno del diritto-dovere di scegliere un governatore, un presidente o un governo. Perché la destra se vince è un pericolo, mentre se vince la sinistra è una festa.

La seconda cosa che ci dicono le urne è che il Pd riparte dal grande cortocircuito dell’Emilia. Quello che fregò Bonaccini governatore alle primarie da leader per consegnare il partito alla sua vice Schlein. Da oggi c’è un terzo nome: De Pascale. E cambierà le cose. Perché attrae quei moderati che nell’era Schlein hanno perso terreno. Ed è destinato a giocare un ruolo ben più importante di quello di semplice presidente di una roccaforte rossa.

 

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