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Caos fra toghe, Cerno: meglio la galera che rivelarvi la nostra fonte

Tommaso Cerno
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Elenchiamo i fatti. Il Tempo pubblica una mail. In questa mail un giudice attacca il governo e chiama Giorgia Meloni «pericolosa». Scoppia una bufera politica. Ilaria Cucchi minaccia querele. Sarebbe un reato dimostrare che le toghe rosse esistono e agiscono. Qualche giorno dopo, nel pieno della polemica sui rientri dall’Albania ordinati dai magistrati e annunciati in pompa magna al summit di Md in Campidoglio, Il Tempo pubblica un secondo scoop. E mostra al Paese l’attacco personale a Giorgia Meloni di un magistrato che poi decide sul rientro dei clandestini (in linea con quanto profetizzato dai suoi capicorrente).

 

 

Non sarà il Watergate ma è giornalismo pulito, senza dossier e merda varia. In democrazia ci si aspetterebbe un richiamo sulla famosa imparzialità dei magistrati, l’esserlo e anche l’apparirlo, su cui sono stati scritti fiumi di parole. Ma poca pratica, evidentemente. E infatti, nell’Italia dove da trent’anni lo scontro fra magistratura e politica ha immobilizzato ogni riforma, scopriamo che il problema delle toghe siamo noi. Il giornale che ha rivelato tutto questo. E che l’obiettivo adesso è scoprire la nostra fonte. Cacciare la talpa. Fatica inutile. Non la riveleremo mai. E se mi costerà la galera: arance di stagione e Marlboro Gold.

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