l'analisi

Elly Schlein, la sua strategia? Perdere con un certo stile

Roberto Arditti

A bocce ferme si ragiona sempre meglio. Ecco perché adesso si vede con particolare evidenza la disastrosa performance delle sinistre nelle elezioni liguri, ragione per la quale il segretario del PD Elly Schlein farebbe bene ad esultare assai poco per il pur lusinghiero risultato del suo partito.

Vediamo di capirci: si va alle elezioni in una terra tradizionalmente orientata a sinistra e dopo la fine traumatica della giunta di Giovanni Toti abbattuta per via giudiziaria. Il PD candida un suo esponente di livello nazionale più volte ministro, Andrea Orlando, cui a destra si oppone il sindaco di Genova in carica, soluzione in qualche modo di emergenza trovata per tentare una rimonta che tutti o quasi giudicano impossibile.
Pur con queste premesse succede che Bucci vince in due province su quattro (formidabile il successo nella Imperia di Scajola), riuscendo così a compensare la sconfitta a Genova, dove però il divario è assai più ridotto del previsto.

Ma non è solo la vittoria di Bucci ad essere significativa sul piano politico: è anzi ancora più rilevante quello che succede a sinistra. C’è un PD al 27%, che è un signor risultato. Ma è un successo raggiunto a spese di tutti gli altri, perché intorno a quel numero (oggettivamente di rilievo) c’è il deserto.

C’è un Movimento Cinque Stelle ridotto al lumicino e corroso all’interno da polemiche feroci tra lo storico fondatore e l’attuale leader. C’è un’area moderata della coalizione che ricorda i campi di battaglia del Vietnam, dove, passato il Napalm, resta ben poco. C’è una sinistra-sinistra capace di raccogliere qualche consenso ma poi assai difficile da assimilare alle logiche di governo.

Il tutto tra veti e rancori, basti pensare che Conte rifiuta Renzi in Liguria (con l’esito che conosciamo) ma lo accetta in Umbria ed Emilia-Romagna: a dir poco stravagante, salvo che il professore cerchi sistematicamente la sconfitta quando il candidato è del PD (si veda il caso Sardegna). Insomma il movimentismo della Schlein potrà anche funzionare nel ridotto del suo partito, ma serve assai poco (anzi per niente) alla costruzione di una alleanza in grado di sfidare Meloni, Salvini e Tajani.

A destra si litiga, ci si azzuffa, ci si divide su diversi argomenti, ma gli elettori sono diventati in qualche modo un "popolo", che da nord a sud mostra un sua qual costanza al momento del voto. A sinistra tutto questo non c’è, le varie anime tutto vogliono tranne che mescolarsi. Magari però, ipotesi tutt’altro che da escludere, questa è la vera strategia di Elly Schlein: perdere con un certo stile.