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È Il Tempo di battersi per la libertà

Tommaso Cerno
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Il Tempo degli auguri. Gli auguri di buon compleanno al vostro giornale. Ottant'anni fa sotto questa testata cominciava un grande racconto. La storia di un'Italia che cambiava. La storia di una libertà ritrovata. La storia di una città che ricominciava. Ferita dalla guerra, Roma si risvegliava libera e voltava pagina, una delle pagine più oscure della sua millenaria storia di Capitale del mondo. Le truppe americane del generale Mark Wayne Clark avevano superato le ultime, disperate linee dell'esercito nazista tedesco restituendo il tempo del futuro alla Città eterna sospesa nella guerra, divisa, sfilacciata, stanca, spaventata e incredula dopo i bombardamenti di San Lorenzo.

Così la prima pagina che vedete riprodotta qui sopra celebrava quel momento di storia. E il Tempo era uno dei figli di quel clima irripetibile. Poi, dall'autunno di quel 1944 il popolo romano aveva trasformato la festa per la ritrovata libertà in un grande cantiere sociale, economico, politico e culturale di rinascita che aveva al centro l'Italia, le sue contraddizioni, i suoi desideri, la voglia di rifarsi popolo di fronte a strappi e odio. Forse nel momento più difficile della nostra storia. Un pezzo di questa grande ricostruzione sociale e politica, che portò gli italiani nella Repubblica e nella modernità è nato su Il Tempo. Ed è cresciuto sulle colonne del vostro quotidiano insieme ai dubbi, alle idee e ai grandi fatti che hanno segnato l'Italia nuova.

Da quel giorno il Tempo c’è sempre stato. Ha sempre raccontato. Ha spesso criticato. Ha indagato su chi eravamo e cosa stavamo diventando. In un momento in cui la scelta più facile sarebbe stata seguire il conformismo e la retorica del nuovo Paese nascente, dicendo a noi stessi che c'erano gli italiani buoni e quelli cattivi. Segnando una linea netta fra loro. Tappando la bocca a chi ci faceva più comodo. Ma Il Tempo è come Roma, capace di far convivere le contraddizioni. E ha scelto la strada dell'ascolto, diventando il giornale dove trovava voce chi altrove non ne aveva più. Questa scelta di Renato Angiolillo è rimasta incisa nell'anima di questo quotidiano ed è la stessa forza di libertà che il giornale ha sempre tenuto come stella polare e che oggi la famiglia Angelucci continua a garantire a tutti noi. Ed è un regalo prezioso per un'Italia ricaduta in un nuovo conformismo che ne appanna i colori, che la fa vedere spesso in bianco e nero. Oggi lo chiamano politically correct, come se parlare inglese cambiasse la sostanza di ciò che si dice, e cioè che viviamo un'era di guerre e di odio, dove la politica ha dismesso la dialettica, anche aspra, per lo scontro cieco. Dove la finanza pareggia tutte le idee. Dove il futuro sembra scritto da altri. È qui che Il Tempo può e deve fare la sua parte. Risvegliando il suo spirito profondo e declinandolo nel giornalismo di oggi, dove la carta è sacra ma le tecnologie ci consentono di restare sempre insieme a voi, in ogni istante, e di raccontarvi cosa succede a Roma, in Italia e nel mondo.

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