il commento
Migranti, l’alternativa ai centri in Albania sarebbe la resa
Dice il saggio: conta fino a dieci prima di parlare. E invece no, sono dozzine i commenti critici verso l’apertura del centro per migranti voluto dal governo italiano in Albania, un centro in cui valgono al 100% le regole in vigore sul territorio nazionale. Invece di attendere qualche settimana, qualche mese, per vedere pregi e difetti dell’iniziativa, Il solito circolo dei «migliori» (quelli che pensano che i migranti sono bellissimi sempre e comunque, un po’ come le tasse di Padoa-Schioppa) attacca lancia in resta, senza capire che proprio l’avanzare di questo tema nell’opinione pubblica è la migliore spiegazione del fatto che la sinistra non vince le elezioni dal 2006, quando Romano Prodi con una coalizione piuttosto improbabile (infatti dura solo due anni) riesce a battere per la seconda volta Silvio Berlusconi.
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Ora, dobbiamo essere onesti. L’idea di portare un certo numero di migranti in Albania è certamente una soluzione estrema, segno inequivocabile di un tema così difficile da affrontare da richiedere strumenti non ordinari. Ma proprio qui sta il senso ultimo, quindi anche più solido, dell’operazione, che allo stato è ovviamente solo un tentativo. Poiché la questione è eccezionale, tanto da essere diventata decisiva nelle scelte elettorali di mezzo mondo, essa non può che richiedere soluzioni eccezionali, fuori dall’ordinario, mai sperimentate prima. Questo è il senso del tentativo albanese, affidato ad una struttura (quella del Ministero dell’Interno) che pondera i rischi e ad un Ministro (Matteo Piantedosi) di comprovata esperienza.
Il tentativo non a caso segue volontà analoghe espresse in altri paesi (Gran Bretagna, Germania) o scelte simili condotte ove possibile (Grecia ad esempio, si vada a vedere cosa accade sull’isola di Gavdos): molti in giro per l’Europa si rendono conto che bisogna fare qualcosa di «eccezionale». Se poi agli aspetti operativi aggiungiamo il potenziale (quindi tutto da dimostrare) effetto «annuncio», in grado (forse) di scoraggiare innanzitutto gli scafisti (sono loro che garantiscono la riuscita del viaggio), ecco che arriviamo ad un risultato di semplice buon senso, riassumibile in una parola «proviamoci». L’alternativa è la resa. Non un gran che, se vogliamo dirla tutta.