attacco all'unifil

Israele-Libano, l'Onu non ha portato la pace: missione completamente fallita

Roberto Arditti

Può Israele considerare il massacro del 7 ottobre e le aggressioni violente che subisce da Hamas ed Hezbollah come automatico via libera per ogni azione ostile verso chiunque, in qualsiasi luogo, in ogni momento? No, Israele ha il pieno diritto di difendersi e colpire i suoi nemici ma non per questo può abbandonare una ragionevole interlocuzione con il mondo civile. Per questo comprendiamo la reazione del governo italiano nelle ultime ore, dopo l’attacco subito dal contingente Unifil e per questo vanno apprezzate le dure critiche mosse dal Ministro della Difesa Guido Crosetto. Se però vogliamo guardare con onestà alla situazione nel sud del Libano dobbiamo aggiungere a questa prima constatazione un secondo livello di analisi, che deve essere altrettanto precisa e brutale.

 

Da quelle parti c’è la guerra, non si sta giocando a nascondino. La guerra significa cannoni, mezzi blindati, aerei da combattimento, truppe armate fino ai denti che sparano a tutto ciò che si muove. La guerra uccide, distrugge, devasta. La guerra comincia quando finiscono le parole, quando la politica e la diplomazia falliscono e non riescono più a gestire la situazione.

E allora bisogna dire con spietata chiarezza che il soggetto politico-militare deputato ad impedire lo scoppio della guerra è esattamente quel contingente delle Nazioni Unite il cui fallimento è evidente, conclamato, definitivo. Nessuno mette in dubbio l’impegno personale di tanti militari (anche italiani), ma ciò non consente altro che apprezzarne lo sforzo, reso vano da un’istituzione, l’Onu, che non ne azzecca una da anni. Allora ben venga il chiarimento con Israele, ancorato però a due pilastri che vanno piantati in profondità affinché diventino le fondamenta di un futuro quantomeno di tregua.

 

In primo luogo occorre dire basta alle ambiguità di cui il contingente Unifil è perfetta e per molti versi tragica espressione: costa un sacco di soldi e non serve a niente. Al secondo punto c’è una scelta di campo, chiara e definitiva. L’Italia tra Hamas e Hezbollah da una parte e Israele dall’altra sceglie Israele: oggi, domani e dopodomani. Tra le certezze di tagliagole e terroristi e gli errori di una democrazia compiuta noi sappiamo da che parte stare.