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Dossier, ci mancava il Romanzo Viminale

Tommaso Cerno
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Come se d’un tratto ci si trovasse catapultati in una fiction, il leader della Lega Matteo Salvini può impugnare il telecomando. E tornare indietro, puntata dopo puntata, in quella strana storia che il Carroccio e il Capitano si portano cuciti addosso dei famosi 49 milioni. Tornare indietro nel Romanzo Viminale, mentre Salvini è ministro degli Interni, per rileggerlo a velocità rallentata e scoprire il trucco. La manina cioè di Striano & Co. dietro il minuzioso lavoro di dossieraggio che mette in fila i fatti come una sceneggiatura mossa da altri, dove protagonisti e tempi sono quelli del pool di spioni.

E anche in questo caso, non perché sia la nostra fissazione, ma perché il suo silenzio è tutto fuorché oro, il capo d’allora della Direzione Antimafia superiore del finanziere indagato è - indovinate un po’ - Federico Cafiero De Raho, querelatore de Il Tempo, passato armi e bagagli nel 2022 dalla magistratura inquirente al Parlamento a cinque stelle (sia come stipendio sia come partito). E siede oggi nella commissione che dovrebbe domandare proprio a lui cosa mai stesse facendo mentre decine di accessi illeciti che i suoi uomini collezionavano uscivano dai suoi uffici. Eppure niente. L’ex pm se ne sta seduto sulla poltrona, come se nulla fosse. A dirci che nulla sapeva nemmeno di questo ennesimo dossier. 

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