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Giovanni Toti, meglio così che sette anni alla gogna

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Tommaso Cerno
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Macché ammissione. Macché confessione. Meglio patteggiare da innocente che farsi anni di gogna per sentirselo dire da qualcuno. Ha fatto bene Giovanni Toti a chiuderla qui. Perché sui libri possono scrivere quel che vogliono ma nell’Italia reale, dove basta un’accusa per perdere tutto, anche solo pensare di privarsi di sette annidi vita (la durata media di un processo penale dalle nostre parti) per avere la soddisfazione di sentirsi dire che alla fine non c’era nulla, quando non interessa più a nessuno tranne che a te, perché il mondo è andato avanti, è come quello che se lo taglia per far un dispetto alla moglie.

 

 

E poi scusate: se dopo tutta ’sta gran inchiesta, che ha costretto il governatore della Liguria a dimettersi come condizione per tornare libero (evidentemente perché secondo i pm quel signore era capace di reiterare non si capisce bene quale incredibile reato), dopo quattro anni di intercettazioni, foto, pedinamenti, registrazioni ambientali, chili di verbali e valanghe di soldi spesi, gli stessi pm accordano due anni e un mese, che nessuno sconterà. Nel Paese dove il mitico abigeato, cioè il furto di tre pecore è punito fino a sei annidi reclusione. Significa che nessuno ci credeva. E che se il metro del sistema giudiziario fosse questo per ogni inchiesta, dovremmo vendere la Trinità dei Monti ai francesi per davvero. Per pagare il conto delle Procure.

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