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Boccia, Genny non deve morire

Tommaso Cerno
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Come uno Stephen King de noantri, l’infilata di balle, omissioni, allusioni, insinuazioni, fughe e ripensamenti cui ci fa assistere Maria Rosaria Boccia dopo le dimissioni di Gennaro Sangiuliano illuminano giorno dopo giorno una figura inquietante. E una verità dentro la verità. Tutti volevamo la morte, in senso letterario, di Genny come Misery nel celebre racconto, una fine catartica, dovuta, per enne motivi che abbiamo sentito sciorinare da destra e da sinistra come litanie. Perché l’etica, perché la trasparenza, perché non si sa. E poi appena Genny muore, ci rendiamo conto che la parte insana della storia è viva e vegeta ed è la sua grande accusatrice, che non è chi dice di essere, millanta di conoscere chissà quali segreti, tiene in scacco il Paese con presunti sms fino a mostrarci la sua vera faccia da Bianca Berlinguer.

 

 

Dove si presenta con le sue presunte verità, si chiude in camerino, insinua, spara nomi, alza il tiro, parla di Arianna Meloni senza uno straccio di prova, senza un filo logico, senza più un obiettivo preciso. E così la Rete e la collega dicono no. Perché finalmente ci rendiamo conto di chi abbiamo di fronte. E di quanta ragione abbia l’ex marito a dirci che non sappiamo cosa ci aspetti, mentre lo sa lui, come lo sanno le “vittime” precedenti, meno illustri ma altrettanto sfortunate. Con una sola certezza: se le daremo ancora retta, i veri Sangiuliano saremo noi. E non più lui, che s’è dimesso.

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