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Boccia, ora non trasformatela in un'eroina

Roberto Arditti
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Parliamoci chiaro, ieri abbiamo assistito a una sorta di duello a distanza tra il capo del governo e Maria Rosaria Boccia, la prima che interviene al Forum Ambrosetti di Villa D’Este e la seconda che prontamente le risponde via Instagram. E siccome questo non va bene, arrivati a questo punto occorre dire qualcosa sui tempi che abbiamo davanti, onde evitare che questa vicenda si trasformi in un disastro collettivo. Quindi occorre essere chiari, evitando giri di parole o traccheggiamenti tattici. Le dimissioni del ministro sono il prezzo che paga un uomo di governo che non riesce a gestire l’incrocio di vicende personali e istituzionali, avendo fatto colpevole confusione tra i due livelli e, soprattutto, avendo contato su una complicità che gli si è totalmente ritorta contro. Naturalmente queste dimissioni da un lato aiutano l’esecutivo ad imboccare la strada di uscita dal vicolo cieco in cui era finito, ma dall’altro rappresentano anche un’oggettiva sconfitta, ben evidente nel fatto che per giorni è parsa solida la volontà di lasciare Sangiuliano al suo posto, volontà che poi si è sciolta come neve al sole nel giro di poche ore.

 

 

Quindi possiamo affermare senza tema di smentita che, per la coalizione che sostiene Giorgia Meloni, la settimana alle nostre spalle si chiude col segno meno. Però sarebbe ridicolo chiuderla qui, poiché questa storia giunge all’esito che sappiamo attraverso una serie di passaggi, mezze frasi, fotografie (alcune pubblicate ed altre, molte altre, rimaste nei cassetti), telefonate ascoltate o riferite, filmati girati nelle sedi istituzionali con occhiali di ultima generazione, post sui social dal tono allusivo tendente al minaccio so. Insomma Maria Rosaria Boccia raggiunge il suo obiettivo, cioè farla pa gare a Sangiuliano, ma nel farlo squaderna un metodo che non possiamo apprezzare, cui non dobbiamo riconoscere valore, che faremo bene a rimettere il più rapidamente possibile nella scatola degli attrezzi da non usare mai. Voltare pagina diventa quindi una necessità dell’Italia intera, soprattutto di fronte ad una comunità internazionale molto più sensibile di quanto si possa immaginare a vicende di questo genere.

 

 

Ma voltare pagina, sia detto senza nessuna ostilità personale, significa anche riportare la protagonista di questa storia ad una giusta dimensione, che certamente non è quella di una persona tra le più influenti della Repubblica. E qui si misurerà il peso specifico di tutto il sistema, di un’intera classe dirigente. Deve mostrarsi la maggioranza capace di abbandonare lo stato di fibrillazione impressionante in cui ha vissuto queste ultime due settimane. Deve il mondo dell’informazione riprendere il filo di un racconto sulle vere questioni di rilievo. Ma poi c’è un tema che riguarda l’opposizione politica, sociale e culturale (mai come in questo caso l’aggettivo è opportuno). Abbattuto Sangiuliano non può trasformare Maria Rosaria Boccia nell’eroina del nostro tempo, nella Giovanna d’Arco da portare sugli scudi. Insomma la sinistra non può decidere che va tutto bene purché si raggiunga il risultato di fare un danno alla destra. Come giocando a Battaglia Navale, possiamo dire «colpito e affondato». Ma l’efficacia dello «schema Boccia» non può indurre nessuno a tifare per nuove applicazioni. Non è questo che serve alla Repubblica, lo tengano a mente sui banchi dell’opposizione, mentre si brinda per la caduta del detestato ministro.

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