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Cerno: futuro a rischio degli italiani per i di-partiti di lotta e malgoverno

Tommaso Cerno
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L’impressione che mi dava il governo della città di Roma era quella di una sinistra che, facendo il verso a Enrico Berlinguer, era «di lotta e malgoverno». Lotta perché inveisce contro Giorgia Meloni e il suo esecutivo da ogni angolo del Nazareno e delle amministrazioni a guida Pd, e malgoverno perché se ci si fa un giro nella Capitale ci si rende conto che, almeno per il momento, quel modello ha poco da insegnare al Paese e a chi è stato chiamato a guidarlo in questo momento. Eppure nelle more di una politica capace sempre e solo di risse e polemiche, l’esempio di Roma e dell’asse fra governo di destra e Campidoglio di sinistra nel nome della capitale (e quindi dell’intero Paese) ci porta a una riflessione sul perché la politica sia finita a giocare a guardie e ladri con il futuro degli italiani.

 

 

E lo fa proprio nelle ultime ore di queste Olimpiadi che ci hanno portato a rimuginare sull’errore compiuto dall’Italia, quando secondo il sindaco di Roma Virginia Raggi del MoVimento 5 Stelle e la vulgata montiana, il Paese sarebbe stato sull’orlo del baratro, incapace dopo secoli di organizzare perfino i Giochi. La rissa, snervante, ipocrita, inconcludente fra due presunti schieramenti diversi e convinti di detenere la verità assoluta su qualsiasi argomento annulla il senso del parlamentarismo democratico, che avrebbe come propria natura intrinseca l’opposto dello scontro fine a se stesso, e cioè la ragione politica della dialettica, luogo dove lo scontro, le differenze, gli opposti non generano più entropia polemica buona solo per alimentare i talk show e per scaldare gli animi arrabbiati delle piazze, ma decisioni consapevoli e, benché figlie di un governo e di un’epoca, più condivise.

 

 

La domanda è: perché oggi questo scontro produttivo non è più possibile? La risposta non sta nell’imbarbarimento della politica, così come non è conseguenza di un ipotetico periodo di crisi della democrazia o dell’occidente. Né del fatto che Craxi o Forlani fossero meglio o peggio di Meloni e Schlein. La ragione è che il mondo che muta e la grande trasformazione dell’economia e della società non ha portato con sé una ridefinizione (anche legislativa) dell’elemento fondante la politica dell’ultimo secolo: il partito.

 

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