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Minzolini è stufo: sulla giustizia la politica non può più farsi condizionare dalla piazza

Augusto Minzolini
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Ogni volta che si parla di giustizia nelle aule parlamentari si ha la sensazione che il dibattito sia inquinato dall’ideologia o dal legame con i «segmenti» elettorali di riferimento dei diversi partiti. Ora tutti, dico tutti, sono consapevoli del sovraffollamento delle nostre carceri: sessantasei suicidi dall’inizio dell’anno sono un numero enorme, sicuramente inaccettabile per un Paese civile; è come aver introdotto la pena di morte in maniera surrettizia. Potrà apparire un’affermazione provocatoria ma basta un paragone per capire che lo è fino ad un certo punto: lo scorso anno negli Stati Uniti, per dare dei numeri, sono state eseguite 24 sentenze di morte, un terzo rispetto alle persone che si sono tolte la vita nei nostri istituti di pena dall’inizio dell’anno. Il problema è che quando si affronta questo argomento drammatico ogni posizione risente dell’impianto ideologico di appartenenza e delle possibili conseguenze sull’elettorato. Contravvenendo, nei fatti, ad un principio: se ci sono temi su cui bisogna evitare di essere condizionati dalla «piazza», su cui bisogna essere vaccinati rispetto al facile populismo, sono proprio quelli di giustizia altrimenti in un attimo si torna indietro ai tempi della «colonna infame».

 

 

Ad esempio, la proposta di Matteo Salvini di creare uno «scudo» per gli amministratori è sacrosanta: tutti gli arcigni difensori della nostra Costituzione dovrebbero ricordare che i nostri padri costituenti inserirono nella Carta l’immunità parlamentare proprio per evitare che la magistratura, a cui si garantiva la massima autonomia, potesse condizionare la politica. E la sinistra sbaglia non una volta ma due volte, quando bolla l’iniziativa del deputato di Azione Enrico Costa per una revisione delle norme sulla custodia cautelare come un’operazione in favore dei «colletti bianchi». Perché seppure quel provvedimento avesse, anche e non solo, conseguenze per quella categoria non ci sarebbe nulla di scandaloso: il caso Toti è una vicenda di cui nessuno può andar fiero. Il leader della Lega, però, commette un errore quando, mentre in Parlamento si parla delle norme per evitare di tenere i bambini di madre detenute in carcere, pubblica su social la foto «della borseggiatrice sempre incinta» con il commento: «La sinistra ci attacca perché vogliamo tenere in carcere queste delinquenti». Così, diciamocelo francamente, non si va da nessuna parte.

 

 

Se ogni presa di posizione serve per ottenere un applauso continueremo ad avere un sistema giudiziario sbilenco: gente che sta dentro e si uccide prima di avere un processo; e, magari, assassini che nella torsione delle norme riescono ad avere la libertà vigilata per uccidere. Non si legifera sulla giustizia in preda ad uno stato emotivo, sbagliato o giusto che sia. Nè tantomeno, vista la condizione delle nostre carceri, si possono escludere a priori istituti come l’indulto o l’amnistia solo per un pregiudizio ideologico con il risultato - basta leggere le cronache - di tenere dentro i detenuti inermi e far uscire i pericolosi. L’ideologia è la categoria più lontana dal diritto: non per nulla chi ha scambiato la giustizia per un’ideologia ha creato quel mostro che è il giustizialismo. È un concetto che dovrebbe essere ben presente nella mente della classe dirigente di un Paese civile.

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