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Liguria, il Pd tutto manette e monetine. La gioiosa macchinetta da guerriglia

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Tommaso Cerno
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Come un richiamo primordiale, un mantra interiore che fuoriesce dopo decenni intatto, il nuovo campo largo cerca il suo hotel Raphael. Con un simbolismo tetro la giovane segretaria del Pd ha chiamato a raccolta in Liguria i suoi al lancio di monetine e al tintinnio di manette. Con Toti eretto a simbolo di una nuova immaginaria Tangentopoli e le parole d’ordine, involgarite dai tempi bui che viviamo, con cui l’allora neonato PDS cercò invano di prendersi l’Italia strappandola a Silvio Berlusconi. La gioiosa macchinetta da guerriglia che Elly farà guidare a un professionista del settore, l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, ha poco a che fare con il green e con lo smart working dei dem americani e sembra piuttosto un’Inquisizione moderna, del tutto indifferente alla stortura di quanto sta avvenendo in Liguria, tanto capita in casa del nemico, anzi pronta a fondare un’unità elettorale su una inchiesta che ha costretto, prima di ogni prova e prima di un processo, un governatore a dimettersi e una Regione a votare perché in questo Paese contano solo le accuse.

 

 

 

Così come gli insulti. Così come la derisione dell’altro. Un’abitazione occupata, lo Stato di diritto, di cui oggi Schlein per imboccare una scorciatoia politica si erge a guida ideale. Proprio la leader di quella sinistra che per ottenere un vantaggio elettorale difende la scelta dell’alleato Fratoianni di candidare non solo parenti stretti nelle liste ma anche pluricondannati come Ilaria Salis, perché - ormai è chiaro nello Stato etico delle manette ci sono i reati buoni e quelli cattivi. E se vogliamo classificarli quelli buoni sono i propri, quelli cattivi sono quelli contestati agli altri. Bisogna fare attenzione però. Perché potrebbe finire in modo diverso da come la frettolosa campagna in stile Tangentopoli (quella peggiore, quella dell’Italia che lanciava le monete dopo avere ambito al sistema non per indignazione ma per rifarsi vergine del mondo che sarebbe venuto) può far pensare.

 

 

Prima di tutto perché Toti fino a prova contraria è un innocente. E poi perché la verità è che la battaglia giustizialista e forcaiola di Schlein, che fino a due mesi fa parlava di ambiente e terzo settore, è la prova che il campo largo non ha un progetto comune. E che se le manette saranno l’unico collante sarà difficile allargarlo davvero al centro, benché Matteo Renzi si stia affannando da giorni per spiegare a tutti che è tornato. E che quel fuorigioco galeotto della partita del cuore ha segnato una ripartenza. Perché le bugie hanno le gambe corte. E anche le monetine tirate contro il mostro di turno alla fine finiscono a terra.

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