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Milano e gli abusi edilizi: quelle inchieste che uccidono e affossano la città

Annalisa Chirico
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La vicenda delle plurime inchieste - forse decine - avviate dalla procura di Milano per presunti abusi edilizi nella realizzazione di nuovi palazzi è un caso emblematico del cortocircuito giudiziario del nostro Paese. Anzitutto, gli effetti di queste azioni si manifestano in via preventiva: non ci sono ancora rinvii a giudizio, eppure negli uffici comunali serpeggia la «paura della firma», come l’ha definita il sindaco della città Beppe Sala. Essendo coinvolti nelle indagini, a vario titolo, costruttori, progettisti e funzionari del Comune, adesso ben 140 impiegati del settore Urbanistica hanno chiesto il trasferimento presso altri uffici. Meglio non rischiare, insomma, soprattutto quando il castello accusatorio verte non già sulla carenza dei titoli edilizi ma sulla illegittimità dei permessi a costruire (in sostanza, i pm dicono: non si doveva ricorrere a una Scia ma a un piano attuativo).

 

 

Ora, qualcuno potrebbe obiettare: ma il tipo di procedure autorizzative le decide la magistratura o l’amministrazione comunale? Stando al titolo V della Costituzione, com’è noto, la materia urbanistica è di competenza di Comuni e Regioni. Intanto a Palazzo Marino si stima in circa cento milioni la perdita dovuta agli oneri di urbanizzazione non incassati. Per non parlare del blocco delle costruzioni: chi si arrischia ad aprire una procedura in Comune con il rischio di finire inquisiti?

 

 

Le nuove richieste per costruire nel 2024 si sono dimezzate, gli imprenditori attendono di conoscere l’esito dei procedimenti in corso. Con i tempi della giustizia italiana, come si sa, l’attesa potrebbe essere lunghissima, con danni incalcolabili dal punto di vista economico e sociale (l’edilizia alimenta un indotto considerevole). Ci auguriamo che, vista la delicatezza della vicenda e le sue conseguenze già in atto, la magistratura si muova con una rapidità maggiore perché mai vorremmo scoprire, magari tra qualche mese, che le accuse erano infondate, e intanto i cittadini milanesi hanno perso casa e lavoro.

 

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