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Ue, Paragone è duro: ma quale Mes, all'Europa manca una visione

Gianluigi Paragone
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L’insistenza con cui l’Europa chiede all’Italia di ratificare il Mes fa capire essenzialmente una cosa e cioè la mancanza a Bruxelles di visione politica. Come si può, in estrema sintesi, tornare sulla vicenda dopo il risultato elettorale, soprattutto in Italia, e dopo che il parlamento ha respinto la ratifica? Insistere sulla stessa perché gli altri lo hanno fatto è una manipolazione subdola delle regole: non è stata questa maggioranza né l’Italia a inventarsi il principio dell’unanimità, né tale modalità è stata da noi introdotta per fare un dispetto a qualcuno. È una regola «fondativa» dell’architettura istituzionale. Pretendere di omologarsi al voto di tutti gli altri (per aggirare la richiesta di unanimità) significa sancire che l’Italia non conta nulla e che deve solo accettare ciò che diverrebbe per l’Italia una trappola letale o una ricetta tossica. Fa ridere, inoltre, che coloro che hanno perso le elezioni insistano a indicare la strada a chi invece le elezioni le ha vinte dalla plancia di comando.

 

 

Come ho già avuto modo di spiegare nel mio libro «Maledetta Europa» (dove la maledizione sta nell’esclusione del popolo a favore di una tecnocrazia elitaria che agisce non certo per la felicità delle persone in carne e ossa), l’Unione europea non gode di buona salute e difetta di democrazia, tanto che gli elettori sono rimasti a casa non assecondando l’illusione o la bugia che la democrazia passi dal parlamento europeo. Il «fondo salva Stati» è figlio di questa identità malata: il Mes è una struttura «esterna» alle istituzioni europee ma pienamente legittimata dalla finanza al fine di mettere sotto tutela, come fossero curatori fallimentari, gli Stati democratici. Si tratta di una struttura commissariale che decide le sorti dei governi e dei cittadini. Ratificare il Mes significa mettere nella cassetta degli attrezzi tutto quell’armamentario mercatista dove il debito diventa tossico, dipendenza e sottomissione soft.

 

 

Il parlamento italiano, nel pieno esercizio delle sue funzioni e soprattutto in piena armonia con quello che i vincitori hanno sempre detto ai loro elettori, ha deciso di non ratificare e l’Europa si deve mettere l’animo in pace. Non lo fa dimostrando scarso rispetto verso la democrazia e i suoi attori. Una cosa del genere la vedemmo con la famosa lettera con cui Draghi e Trichet imposero all’allora governo Berlusconi la road map per affrontare la crisi. Ovviamente non solo non servì a nulla ma avviarono una lunga stagione fatta di professori (Mario Monti prima e lo stesso Draghi tempo dopo), di tecnici (Elsa Fornero e compagnia) e mostruose maggioranze larghe. Talmente larghe che per starci hanno sbattuto fuori i cittadini.

 

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