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Meloni-Schlein, il duello vero non c'è stato: ecco la meteo democrazia

Tommaso Cerno
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Il duello vero non c'è stato. Siamo in un Paese di rosiconi, dove Meloni e Schlein non possono scontrarsi davanti agli italiani perché i partiti più piccoli non vogliono. Allora, visto che la realtà è censurata dalle norme, i cavilli, i tristi rifi verberi della par condicio, una norma demenziale, lo scontro avviene nell'Aldilà. Il luogo dove tutto è possibile. Il mondo effimero dei sondaggi elettorali. Solo ieri ne abbiamo letti almeno sei. Tutti diversi. Tutti logici. Tutti spiegabili. Tutti irrealistici. Per due motivi semplici che a noi, gente che cerca di tenere i piedi per terra, sembrano perfino scontati. Uno: la gente normale, quella che lavora, che paga il mutuo, che ha i figli a scuola, non ha ancora deciso se andare a votare oppure no. Sta pensando ad altro. Perché mancano due settimane e per un cristo qualunque sono tante. Ce l'aveva spiegato Silvio Berlusconi con il suo classico pragmatismo che la campagna elettorale si fa gli ultimi dieci giorni. O meglio, si fa sempre ma può spostare davvero un voto utile, cioè un voto nuovo, uno che prima non c'era, solo al fotofinish.

 

 

E il fotofinish è lontano, perché da qui all'8 giugno ne succederanno delle belle. Due: i sondaggi in questione, tutti firmati da Signori della demoscopica, rispondono alla stessa domanda (chi vincerà) in modo diverso. Ci lasciano cioè uno spaccato del rush finale di campagna elettorale che assume il gusto più consono all'elettore. E si allontana dalla certezza di conoscere un risultato che non può essere già stabilito. E questo perché la democrazia non funziona come il meteo, non prevede affatto che tempo farà sulla base di indizi determinati. E così leggiamo che Elly Schlein fa un balzo in avanti. E sta con il fiato sul collo a Giorgia Meloni. Poi leggiamo invece che le cose non starebbero così. Che il distacco cresce perfino rispetto alle Politiche del settembre 2022, preistoria ormai, in un mondo istantaneo come quello dove ci capita di vivere. Insomma leggiamo tutto e il contrario di tutto. C'è solo una cosa che appare chiara in tutto i report elettorali. E cioè che i candidati, coloro che raccoglieranno le preferenze, i veri soggetti politici di questa partita, sono considerati da tutti un accidente.

 

 

Gente lì a riempire le liste. Perché tanto il consenso vero si muove sui leader. Proprio quelli che ci hanno fatto una testa così, perché personalizzare la campagna è un insulto alla Costituzione. Una bella sciocchezza. E non da oggi. Almeno dal 1994 quando il mondo è andato avanti. E la politica italiana è cambiata. Per Tangentopoli, secondo alcuni. Per la caduta del Muro di Berlino, secondo me. Quando il partito comunista è diventato un soggetto di governo anche a Ovest. Quando la contesa non era più fra un buono e i suoi alleati ma fra due antagonisti. Quando è nata cioè la ragione profonda per cui la saggezza democristiana manca sempre di più ma la struttura partito dello scudo crociato non potrebbe mai risuscitare. Quando si sono messe la basi per quel duello fra governo e opposizione che a Giorgia Meloni e Elly Schlein è stato negato. Nel nome della par condicio. Che non interessa a nessuno.

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