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Antonio Scurati, l'antifascismo a gettone

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Tommaso Cerno
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Come da titolo della sua ultima fatica (poco cool fino a ieri dopo l’operazione Rai), «Fascismo e populismo» (Bompiani), ha fatto bene Antonio Scurati a fregarci tutti. E a piangere il morto per il suo monologo a gettone sull’antifascismo, che in pratica è la solita filastrocca su Giorgia Meloni al costo di circa 2 mila euro al minuto. Avrà pensato lo scrittore: ma chi sono io, il figlio della serva? Perché, a guardare bene la Rai, sarebbe stato l’unico a frignare sulla censura, ma gratis, a differenza dei suoi colleghi che hanno fatto carriera grazie al governo Meloni. A suon di milioni. L’elenco è lungo. Ci abbiamo dedicato due pagine (qui a fianco). Ma la morale è sempre quella: lottizzazione al contrario. Un meccanismo diabolico per cui, se vuoi salire di stipendio o visibilità, con il governo Meloni ti conviene prendere la tessera del Pd.

 

 

E seguire le istruzioni: ci si presenta al mattino, si dichiara ai quattro venti che la Rai è il luogo della censura, si piange un po’ il morto, si favoleggia sul ritorno del Duce e poi si firma un bel contratto. Il tutto con il sottofondo dei vari Saviano a dirci che l’Italia è un regime, i bambini (transgender compresi) hanno la camicia nera, che qui che lì. E invece, a guardare bene, ogni lacrima antifascista è una messa inscena per costruire una narrazione e sfruttare il governo per posizionarsi. Per cui sarà successo che Scurati, vincitore del premio Strega per il romanzo su Benito Mussolini (bel libro, in parte fantasioso) si sarà detto: se il Duce mi ha fatto fare Trenta, la Meloni mi farà fare Trentuno. Ed ecco che un’ospitata già stabilita a titolo gratuito dalla brava Serena Bortone a Che Sarà su RaiTre, confermata via e-mail dalla produzione con la sigla TG, che in questo caso non significa Telegiornale ma Titolo Gratuito, cioè che tu ti fai il tuo monologo sul fascismo e sul governo senza pesare sulle tasche degli italiani, diventa un caso nazionale.

 

 

Perché non è pensabile che uno scrittore parli gratis di fascismo in Tv, l’antifascismo deve essere a pagamento. E così Scurati denuncia una fantomatica censura e si accoda alle varie stelle della televisione pubblica, gente che ha fatto carriera e soldi grazie alla Rai con qualunque governo e poi usato Giorgia Meloni per guadagnare di più e firmare contratti, legittimi nel mondo liberale e libero, godendo del vantaggio competitivo di essere stati ritratti per ciò che non erano: martiri della televisione pubblica. Una scemenza di dimensioni cosmiche nel Paese dove chiunque dice ciò che vuole. Ma pecunia non olet. E fanno tutti bene a provarci. Arricchirsi grazie a Meloni non è un reato. E nemmeno prendere per i fondelli l’Italia lo è. Capisco Scurati. Se non ci avesse provato pure lui, sarebbe stato un fesso. E capisco pure il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che chiede di leggere (gratis, stavolta) il fantomatico monologo sul palco del 25 aprile. Bruciato da Meloni. Però.

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