Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Le verginelle a cinque stelle

Tommaso Cerno
  • a
  • a
  • a

Mentre il Pd tracolla, colpito da un virus autoimmune, la votopoli che da Bari si sta espandendo in mezza Italia, a mostrarci come il potere è stato l’unico legante a sinistra nell’era post Prodi, il Movimento 5 stelle fa lo sciacallo. E cerca di rifarsi una verginità che non ha. Di ridarsi un tono di etica e moralità a spese di Elly Schlein e del suo terremotato partitaccio. Come se qualcuno potesse credere al vecchio adagio di Beppe Grillo, al Vaffa, alle lezioncine sui risparmi e sulla buona fede.
All’uno vale uno e tutta quella fila di balle che ci sono state propinate per dieci anni. Sulle macerie del campo progressista è in corso solo una lotta di potere. L’ennesima. Probabilmente l’ultima. Quella per la leadership dell’opposizione o, meglio si farebbe a dire, per la rifondazione da zero dell’opposizione dopo le Europee.

 

 

Giuseppi prova a uscire dall’angolo della radicalità di sinistra e a calpestare i cada veri degli ex alleati piddini, che cadono come mosche sotto i colpi delle procure, dei faccendieri, delle cosche e chi più ne ha più ne metta. E per farlo comincia la sua campagna elettorale attaccando. Proprio quelli che fino a un paio di settimane fa erano, insieme a lui, il cosiddetto modello Sardegna e tutte queste fantasie lubriche. Mentre oggi sarebbero distanti dal grillismo ritrovato, travolti dal voto di scambio divenuta se non una regola una normale prassi. Il problema è che le cose non stanno così, se non nella sua voglia di rivalsa. Perché non c'è molta differenza fra il campo democratico e quello a cinque stelle. Basti pensare alle due donne forti del grillismo, che vogliono tornare a guidare la battaglia dei novelli Savonarola: Virginia Raggi e Chiara Appendino. La prima si è trovata con tutto il suo cerchio magico del Campidoglio condannato nella vicenda dello stadio della Roma a Tor di Valle. La collega ex sindaca di Torino fa invece la moralista contro il ministro del Turismo Daniela Santanchè ma si dimentica di dire che - mentre Santanché non è stata ancora rinviata a giudizio e tanto meno giudicata - lei è stata condannata in primo grado e poi in Appello per il disastro di piazza San Carlo. Così come l’ex pm Cafiero De Raho che se ne sta seduto in commissione Antimafia a giudicare le accuse che vengono mosse contro di lui nello scandalo del dossieraggio di politici, imprenditori e vip italiani.

 

 

Se ha ragione Livia Turco a invocare Enrico Berlinguer per il Pd e chiedere l’azzeramento della classe dirigente travolta dagli scandali, ci vorrebbe anche una bella seduta spiritica per l’ex avvocato degli italiani con Casaleggio senior, per ricordargli che questo breve e incompleto elenco bastava, anni fa, non solo a venire espulsi dal M5s ma a prendersi la gogna per anni. Ora io non so dirvi se la candidatura di Ilaria Salis, quella di tale Patrick Zaki, uno graziato dal governo Meloni, o del papà di Giulia Cecchettin, pace all’anima di quella meravigliosa donna, siano la strada giusta per convincere gli italiani che il Pd non comprava voti. Ma certamente non lo sono le lezioni di etica di Conte, Appendino & Co.

Dai blog